Slavoj Zizek

Definito dalla stampa statunitense "il gigante di Lubiana", Slavoj Zizek è un filosofo i cui interessi vanno dalla psicoanalisi alla filosofia alla politica. Sloveno, nato nel 1949, "clerico vagante" nelle università tedesche, americane, australiane, testimone privilegiato del crollo della sua nazione, la ex Jugoslavia, Zizek è uno dei pochi pensatori viventi ad avere il coraggio di interpretare la cultura di massa mediante la filosofia, ma anche di chiarire Hegel e Freud attraverso Schwarzenegger e Stephen King.

Tredici volte Lenin di Slavoj Zizek

Oggi la figura di Lenin sembra appartenere a una dimensione temporale irrimediabilmente datata, a un’epoca che non ha più nulla in comune con il nostro presente. Al contrario, ci si dovrebbe chiedere se questa siderale distanza che percepiamo con l’opera del dirigente rivoluzionario russo non si…

Slavoj Zizek: Quando la politica si affida alla paura

Slavoj Zizek: Quando la politica si affida alla paura

La modalità della politica che oggi predomina è la biopolitica postpolitica, ovvero una volta che si rinuncia alle grandi cause ideologiche, ciò che resta è solo l’amministrazione efficiente della vita... o quasi.

Slavoj Zizek: Dalla parte di nessuna parte, scommesse sull'identità ebraica

Dopo la pubblicazione di Circonstances 3, il filosofo Alain Badiou è stato sottoposto a un vero e proprio processo mediatico che lo espone ad accuse di antisemitismo e non accenna a terminare. L’intervento di Slavoj Zizek.

Slavoj Zizek: Milosevic, la morte del primo post-titoista

Il potere esplosivo del movimento legato a Milosevic ebbe il suo detonatore nella fusione di due ingredienti opposti: la nomenklatura comunista in lotta per conservare il potere, e il nazionalismo anticomunista coltivato da poeti e scrittori conservatori.

Slavoj Zizek: Chi impiccherà George W. Bush?

Uno degli esiti dell'intervento Usa in Iraq è l'aver generato una costellazione politico-ideologica ‟fondamentalista” molto più intransigente, motivo per cui adesso il paese si trova nella sfera d'influenza iraniana.

Slavoj Zizek: Tortura, occhio non vede cuore non duole

Dopo Guantanamo i grandi media hanno rivelato l'esistenza di ‟luoghi segreti” della Cia, strutture di detenzione oltre la legge nell'Europa orientale e in Asia. La strategia dell'outsourcing viene così applicata alla tortura.

Slavoj Zizek: L'immunità sull'altare del peccato

La chiesa cattolica ha affrontato gli abusi sessuali da parte di sacerdoti come il socialismo reale ha affrontato la corruzione di funzionari statali. Li ha rimossi dall'incarico per non sottoporli al giudizio della legge.

Slavoj Zizek: Né Pepsi né Coca. La scelta di Lenin

Un silenzio imbarazzante circonda il nome di Lenin a 80 anni dalla morte. La sua eredità è morta con lui? La risposta del filosofo sloveno, a cavallo fra l'esperienza delle democrazie occidentali e la transizione post-socialista dei paesi dell'Est.

Slavoj Zizek: Iraq, la mancata catastrofe

Prima della guerra gli Usa avevano fomentato la paura di una catastrofe ecologica o terrorista, che invece non c'è stata. L'obiettivo vero della guerra era avviare uno stato di emergenza permanente...

Slavoj Zizek: L'Epoca Oscura della democrazia armata

Dietro la guerra in Iraq si staglia la crisi della democrazia. In suo nome, gli eserciti Usa e inglese sono partiti alla conquista di Baghdad. Ma non saranno proprio coloro che oggi si atteggiano a difensori globali della democrazia a minacciarla?

Slavoj Zizek: Salvo incidenti previsti

L'11 settembre usato come un sedativo per lasciare nel sonno la società americana, la guerra preventiva giocata come affermazione della logica paranoica del controllo totale su ogni possibile minaccia.

Slavoj Zizek: La storia dietro il sipario dell'apparenza

L'11 settembre e la guerra in Afghanistan hanno sanguinosamente messo a nudo un capitalismo globale segnato dal dominio dell'astrazione sulla realtà.
La brutalità della violenza è segno di impotenza. Intervista a Slavoj Zizek

La brutalità della violenza è segno di impotenza. Intervista a Slavoj Zizek

"I giovani delle banlieues intendevano 'soltanto' dire: siamo qui e siamo di qui. Un modo per affermare la propria esistenza, una pura richiesta di visibilità. È un chiaro esempio dei limiti delle nostre democrazie, in cui masse enormi di persone non si trovano nelle condizioni di esprimere le proprie richieste più basilari nel linguaggio politico ordinario. È un fenomeno che rimanda un po' a quella che Jakobson chiamava comunicazione 'fatica': non 'voglio questo o quello', ma semplicemente 'sono qui'."