Umberto Galimberti: Padre Pio: il trionfo della fede popolare

17 Giugno 2002
Troppi sono ancora i mali del mondo e di ben altra portata perché la parola religiosa non solo non metta in guardia, ma addirittura incoraggi le folle che restringono gli orizzonti della fede alla speranza di qualche miracolosa guarigione. Così scrivevo tre anni fa a proposito della beatificazione di Padre Pio, un frate osteggiato per quarant´anni dalla Chiesa a partire dagli anni Venti, quando Padre Pio ricevette le prime limitazioni all´esercizio del suo ministero religioso, agli anni Sessanta quando papa Roncalli, il papa buono oggi in procinto di diventare a sua volta santo, promosse l´ultima inchiesta sull´attività di Padre Pio. Oggi la particolare devozione di papa Wojtyla per questo frate, nonché la sua tendenza a identificare la voce di Dio con la voce della gente, ha portato alla santificazione di Padre Pio, per saturare non il bisogno di religiosità come si crede, ma quello più infantile e più regressivo di chi crede perché vede il miracolo.
A questo stadio infantile, presente in ogni uomo, si rivolgevano un tempo le religioni primitive e oggi le religioni della new age. Sarebbe spiacevole se il cristianesimo fosse ridotto a questi livelli. Credenti e non credenti si erano fatti di questa religione, che ha posto il suo sigillo sull´intero Occidente, un´idea diversa. Pensavano gli uni e gli altri che la fede proposta camminasse per sentieri più impegnativi, che la speranza, rilanciata al di là del pessimismo, si distinguesse dal gioco delle illusioni, che la carità predicata portasse fuori l´umanità da quella logica elementare amico/nemico che, ancora oggi regola tragicamente i rapporti fra gli uomini.
E invece no. Siamo di nuovo al miracolo che tutte le religioni, anche le più lontane dal cristianesimo, registrano ed enfatizzano come prova della loro verità. Ma forse ogni religione deve avere la sua ombra e il suo disprezzo per Dio. Perché veri dispregiatori di Dio sono quanti confinano la sua credibilità e affidano il senso del suo ipotetico annuncio ai santi dei miracoli che promettono l´esaudimento del desiderio umano.
Ma se questo è Dio (e i santi dei miracoli testimoniano proprio questo Dio) cosa risponde il cristianesimo all´ipotesi prima illuminista e poi materialista che vedeva nel Dio cristiano null´altro che la proiezione dei desideri umani con annessa l´attesa della loro soddisfazione? Il problema allora non è quello di stabilire se gli interventi di Padre Pio siano di ordine naturale o soprannaturale, ma se è educativo e, al limite, se è cristiano appoggiare la fede sui limiti del sapere scientifico, e materializzarla al punto da diffondere nella gente la persuasione che dal dolore si può uscire senza doverci convivere e in esso crescere, come è nella sorte dell´uomo. E insieme a questo messaggio lanciare anche quell´altro secondo cui il soprannaturale è lì proprio per questo, per sottrarci repentinamente dal dolore o esaudire repentinamente i nostri desideri. Basta aver fede. Nel caso in questione: fede cristiana.
Forse all´inizio del Terzo millennio, con un´umanità in gran parte ancora da educare all´uso della ragione, una religione adulta come quella cristiana, che ha costruito quella storia che è poi la storia dell´Occidente dovrebbe evitare di scatenare l´infantilismo della religiosità, il suo aspetto più primitivo, quello per cui nessun Dio sarebbe sceso sulla terra per prender parte al dolore del mondo.
Ma questa lettura forse non esaurisce il senso di quella folla oceanica che ieri, in occasione della santificazione di Padre Pio, ha riempito piazza San Pietro. Forse la fede nel Dio dei miracoli, che pure c´è, non è sufficiente a spiegare tanto entusiasmo, tanta devozione e tanta partecipazione. Forse c´è dell´altro che, con un po´ di semplificazione, potremmo così sintetizzare: una contrapposizione netta tra una Chiesa dell´amore che va in soccorso del dolore, impersonata da Padre Pio e negli ultimi anni da papa Wojtyla, e una Chiesa del potere impersonata dalla curia e dall´alta gerarchia che, recalcitrando, subisce la santificazione di Padre Pio.
Non è un caso che sabato scorso, quando tutti i giornali davano ampio spazio alla santificazione del frate cappuccino, l´unico a non darne un gran risalto era proprio l´"Avvenire", organo della Conferenza episcopale italiana.
Nello stesso giorno monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo di Como, ma soprattutto teologo tenuto in gran considerazione, se è vero che fu l´unico membro italiano nella Commissione internazionale per la riforma del nuovo catechismo della Chiesa cattolica, espresse in un´intervista a "Repubblica" tutte le sue perplessità, dubitando della validità dei miracoli di Padre Pio, forse da attribuire, come già pensava padre Gemelli fondatore dell´Università Cattolica, a manifestazioni isteriche, ironizzando sui diavoli che in modo un po´ folcloristico mettevano alla prova la virtù del santo, per concludere che forse Padre Pio tutti gli esami richiesti per la canonizzazione dei santi non li aveva completamente superati.
Naturalmente tutte queste cose erano dette nel più profondo rispetto della volontà del Pontefice, ma questo lascia supporre che, per la santificazione di Padre Pio, il Papa si sia mosso senza riscuotere un pieno consenso da parte delle alte gerarchie ecclesiastiche, destando in questo modo la risposta immediata dei fedeli che, alla Chiesa del potere, ha sempre preferito la Chiesa dell´amore che va in soccorso del dolore. E quindi si schiera con entusiasmo dalla parte di Padre Pio che per quarant´anni e oltre ha sempre subìto se non la persecuzione, certo la mortificazione, l´umiliazione e la limitazione del suo ministero religioso da parte del potere ecclesiastico.
Al di là di queste reazioni: quella della folla dei fedeli e quella dell´alta gerarchia ecclesiastica, il messaggio esce inequivoco. La fede popolare è tutta dalla parte di Padre Pio e di papa Wojtyla, due figure che finiscono per confondersi e per fondersi, in quanto espressioni del dolore che non cessano di predicare l´amore, e non prende in considerazione la prudenza della gerarchia ecclesiastica perché, con l´istinto dei semplici, la fede popolare sospetta che, sotto l´esplicito invito a una fede più seria e meno emotiva, ci sia quella calcolata gestione del potere che, soprattutto alla vigilia di un conclave, non può subire scosse.
Il problema però resta. Un problema che ha evidenziato questo stesso Papa il quale, dopo aver avviato un pontificato all´insegna del potere, del rigoroso ordinamento della Chiesa e della più stretta intransigenza dottrinale, negli ultimi anni si è fatto espressione di una visione più profetica del cristianesimo, dove i temi del dolore e dell´amore hanno messo in secondo piano quelli del potere e della gestione autoritaria dell´istituzione ecclesiastica.
I maligni diranno che, santificando Padre Pio, il Papa ha santificato se stesso, a cui tanto negli ultimi tempi assomiglia. In realtà, prima di andarsene, il Papa ha voluto propugnare con forza (con le poche forze che gli restano) un cristianesimo profetico dell´amore e del dolore contro un cristianesimo del potere, dell´ordine e della gerarchia. L´alta gerarchia se ne è accorta, ma la gente di fede popolare anche. La folla accorsa in piazza San Pietro per Padre Pio e per il Papa, con la sua partecipazione massiccia la sua parola l´ha detta.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …