Antonio Tabucchi: Italia, Fantasmi all’Opera

11 Luglio 2002
Caro direttore,
sento che in Italia si fanno parlare i morti. È un ventriloquismo da fiera che in altri paesi avrebbe del comico, ma da noi è solo un vecchio rito funebre. Per questo credo sia troppo ottimista paragonare l’Italia a un baraccone, e certi uomini di governo a innocui imbonitori che sanno vendere con successo lozioni per i calli e per il fisco. C’è qualcosa di nuovo, direbbe il poeta, anzi di antico in tutto questo: cadaveri. I cadaveri di cui il dopoguerra italiano è costellato e che da cinquant’anni accompagnano l’alzabandiera del nostro valoroso drappo repubblicano.
Da tempo provo a chiedere in giro a quelli che stanno nel Palazzo se ne sappiano qualcosa. Ultimamente al presidente della Repubblica, ma Egli era impegnato con Goffredo Mameli, e la mia richiesta parve impudente ai più, anche ai Soloni della patria.
In cosa sperare, dunque? Difficile dirlo, caro direttore. Con tutto il rispetto per la magistratura, non sarei propenso a credere che la procura possa fare chiarezza, come chiedono onesti giornalisti. Non per sfiducia negli inquirenti, ma per lunga conoscenza degli inquisibili, che producono cadaveri per procura. Forse fiducia in noi, cosiddetta società civile o ceti medi riflessivi che dir si voglia? È una riflessione che comincia a vacillare. Anche perché i cosiddetti cittadini vigili (quei pochi che ancora non scrivono con lo stipendio del Capo) credevano di aver stipulato un contratto sociale con una repubblica che ritenevano democratica, e ora si accorgono che rischiano di essere dei rompicoglioni che vogliono il rinnovo del loro contratto sociale. E ai rompicoglioni di questo tipo, come si sa, oggi in Italia si spara una pallottola in bocca. Ciò demoralizza anche i rompicoglioni più impenitenti, caro direttore, come puoi immaginare.
Di una cosa siamo ormai certi: che non sappiamo niente. Pur sapendo tutto, naturalmente, come diceva Pasolini. Ma è quella certezza fluida e senza contorni che appartiene a ciò che si chiama "senza soluzione di continuità", come dicono quelli istruiti. Nel senso che si tratta di clonati, o di replicanti, e come sai è impossibile distinguere la pecora Dolly dalla pecora Dolly. Faccio un esempio: chi mise la bomba alla banca dell’Agricoltura nel 1969, chi buttò Pinelli dalla finestra, o chi organizzò il rapimento di Moro?
Alla luce di quello che sta succedendo si potrebbe di sicuro pensare che è l’attuale ministro tal dei tali, o un altro ministro suo collega della Repubblica italiana. Ma come provarlo? Perché a quel tempo il ministro tal dei tali era piccino e non poteva ancora mettere bombe. In realtà era il suo clone Dolly, la sua mamma, perché in questo caso vale davvero il ragionamento del lupo all’agnello. Con la differenza, ahimé, che i lupi sono loro e gli agnelli siamo noi.
Una notizia sui giornali odierni tuttavia, ci dà una qualche speranza. Un’epoca è davvero finita: è morto negli Stati Uniti l’inventore dell’hula hoop. Altro che muro di Berlino. Con l’hula hoop certi equilibri storici si erano mantenuti perfettamente senza un filo di grasso. Sappiamo di vecchi "resistenti" (da una parte e dall’altra, chiamiamoli "i ragazzi dei due lati") che avevano alimentato gli antichi equilibri fondati sui cosiddetti opposti estremismi grazie all’esercizio dell’hula hoop: senza un filo di pancia storica nonostante gli anni, suscitando entusiasmi di signore e signori e perfino di giornalisti liberali, oggi ancor più liberali. E ora il cerchio ginnico su cui si fondava la circonferenza della loro vita (tu mi fai una cosina a me, io ti faccio una cosina a te) gli cade improvvisamente ai piedi. Forse l’Occidente sta perdendo la linea, caro direttore.
È l’unica notizia confortante che ci giunge. L’Occidente è grasso, tende all’obesità, ed è per questo che perde i mondiali di calcio. E i trigliceridi, come sappiamo, sono pericolosi per la salute: ostruiscono le arterie, provocano infarti e ictus.
Ci sarà dunque speranza nell’ictus? Chissà. Comunque, non è da sottovalutare la teoria di quel politologo americano secondo la quale i terroristi finora al servizio dei loro rispettivi padroni potrebbero creare grumi di grasso contrari allo scorrimento dell’hula hoop di appartenenza (da destra a sinistra o da sinistra a destra, dipende). Cioè che diventino trigliceridi. Se la teoria è giusta, caro direttore, non è escluso che possiamo assistere all’apparizione di "brigate rosse deviate", chiamiamole così. Il che potrebbe rappresentare un leggero problema per certi politici che delle brigate rosse (o nere, dipende) si sono sempre giustamente fidati, dal loro punta di vista.
La teoria del politologo americano, apparentemente così nuova, in fondo poggia su basi antiche, e assomiglia a un proverbio spagnolo che dice "cria fuervos y te comeràn los ojos" (alleva corvi e ti mangeranno gli occhi). Fra l’altro la notizia americana deve essere già arrivata all’orecchio di certi giornalisti del Capo, perché mi sembrano meno aggressivi del solito, quasi più ragionevoli. Ma su questo staremo a vedere.
Una buona estate a te e a tutti i tuoi lettori.

Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 - Lisbona, 2012) ha pubblicato Piazza d’Italia (Bompiani, 1975), Il piccolo naviglio (Mondadori, 1978), Il gioco del rovescio (Il Saggiatore, 1981), Donna di Porto Pim (Sellerio, 1983), Notturno indiano (Sellerio, 1984), I volatili del Beato Angelico (Sellerio, 1987), Sogni …