Umberto Galimberti: Se il dolore si mostra in televisione

17 Luglio 2002
Anna Maria Franzoni ha fatto indirettamente sapere nella trasmissione di Maurizio Costanzo di aspettare un figlio. Le scelte personali non si giudicano mai. Giudichiamo invece se è il caso di dare in tivù una notizia che appartiene a quella sfera intima che andrebbe custodita e protetta lontano dai riflettori, come si custodisce e si protegge una vita che deve nascere, e che nasce per giunta dopo un lutto profondo che andava a sua volta custodito e protetto.
E invece no. Anche il figlio che deve nascere viene dato in pasto ai commenti di milioni di italiani secondo la moda del tempo dove, come vuole lo stile della nostra società dello spettacolo a cui anche Anna Maria Franzoni sembra non si sia sottratta, sono particolarmente richieste le intime confessioni, le emozioni in diretta, le trivellazioni di vite private, dove ciò che si chiede è che sia lo stesso individuo a consegnare la sua interiorità, la sua parte discreta, rendendo pubblici i propri vissuti secondo quei tracciati di "spudoratezza" che vengono acclamati come espressioni di "sincerità".
Del resto il pudore oggi gode di cattivissima fama perché dai più viene letto come un sintomo di "insincerità" se non addirittura, e qui gli psicologi danno una mano, di "chiusura in se stessi", quindi di "inibizione", se non di "depressione". E inibizione e depressione, recitano i manuali di psicologia, sono sintomi di un "adattamento sociale frustrato", quindi di una socializzazione fallita.
E cosa c´è di più spettacolare per una madre che ha perso un figlio nella maniera drammatica che tutti conoscono che poter dire ai quattro venti che non solo è incinta, ma soprattutto che non è depressa, né frustrata, né inibita, anzi che è così socialmente adattata da poter raccontare a tutti la sua storia, perché ha tolto di mezzo ogni interiorità come un impedimento, ogni riservatezza come un tradimento, e perché tutti possono apprezzare nella volontaria esibizione di sé un segno di sincerità, se non addirittura di salute psichica?
Il dolore di solito chiede raccoglimento e il lutto elaborazione, ma nella nostra società, che apprezza l´estroversione e l´efficienza, raccoglimento e riservatezza sono guardati con sospetto, e l´elaborazione del lutto è immediatamente soppressa da un´azione a cui si chiede di cancellare la perdita e il dolore. Ma l´azione non è capace di raggiungere questi obiettivi, perché è compito dell´anima e non di un gesto guardare in faccia il dolore e integrarlo con un atto di accettazione nella propria vita.
Solo così il dolore si lenisce e, pur velata dalla malinconia del ricordo, la vita può riprendere, perché si è stati giusti con sé e con il figlio perduto alla vita, ma non al lavoro interiore dell´anima. Senza questo lavoro psichico, a cui il dolore, qualsiasi dolore, sempre ci chiama, non c´è gesto, non c´è azione che non porti con sé il peso della rimozione. E, come tutti sappiamo dalla nostra esperienza, il rimosso ritorna per chiedere accoglienza, non negazione.
Ma forse la nostra è la società del diniego che non vuol vedere il dolore e, quando lo incontra, invece di innescare il lavoro dell´anima, va in cerca di quelle azioni che sembrano promettere un´immediata cancellazione. Ma chi ha sofferto sa che questo è un gioco illusorio che, oltre a distrarre l´anima, non le consente ciò di cui soprattutto ha bisogno: il suo ri-accoglimento.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …