Antonio Tabucchi: L'oracolo di Palazzo Chigi

19 Agosto 2002
Curioso Paese, il nostro. Un giornalista che per mestiere e per contratto avrebbe il dovere di osservare la realtà italiana, dichiara che per star lontano dagli uni e dagli altri (Berluscones e opposizione) se ne va alle isole Orkney (che in Italia si chiamano Orcadi, cioè le Scozie nebbiose). Quale privilegio, per questa firma ben pagata! Uno qualsiasi come me, invece, che non ha nessun contratto, ma che è assai preoccupato per questa estate italiana nella quale sta succedendo di tutto e di più, si prende la briga di osservarla. Potendomene stare tranquillamente a pensare ai casi miei, e senza che nessuno mi ci obblighi, se non il fatto che l’Italia, che gli attuali padroni del vapore credono sia di loro proprietà, è anche il mio Paese. E al mio Paese ci tengo. Credo che mi comprenderai perciò se nonostante l’agosto continuerò a indirizzarti i miei interrogativi, chiedendoti scusa se ti infliggo un «tormentone», titolo che potresti anche dare a questi miei interventi intermittenti.
C’è un fatto apparentemente insignificante, rispetto al clamore e al bailamme che caratterizza l’estate politica italiana, che a me non sembra affatto insignificante. Anzi, mi sembra assai strano e degno di riflessione. Ho letto sulla varia stampa, anche quella che non appartiene ancora all’onorevole Berlusconi, che l’onorevole Berlusconi, rivolgendosi in pubblico al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, gli ha dato ostensivamente del «tu». La forma di cortesia,o sistema allocutivo, come chiamato in grammatica, è stata segnalata con orgoglio dai giornali che appartengono all’onorevole Berlusconi (cioè quasi tutti). È apparsa invece «maleducata» a quei giornali che non appartengono ancora all’onorevole Berlusconi (ormai pochissimi, fra i quali il tuo).
Infine, non ha avuto alcun commento dal giornale che appartiene al presidente della Repubblica, che non è un vero e proprio giornale, ma è meglio, perché è la voce stessa del presidente della Repubblica, che è lui stesso il giornale della sua Repubblica. E neppure del suo ufficio stampa, cioè il Quirinale. Ma a mio avviso il «tu» di Berlusconi al presidente della Repubblica va al di là di una maniera disinvolta di chi se ne frega delle buone maniere. D’accordo, Berlusconi è persona spiccia (dico formalmente perché sospendo il giudizio nella sostanza): i suoi gesti, le sue parole, il suo abbigliamento denotano quella pacchianeria di chi ha il portafogli pieno ma che si mette le dita nel naso (e, spesso, nel naso altrui). Ma nella sua maniera di intendere e di volere, che credo riveli una strategia, l’uso spregiudicato del «tu» a Carlo Azeglio Ciampi è, secondo me, qualcosa di più e di oltre. È un segnale. Cioè, un messaggio. Qualcosa da decifrare. Insomma, un’allusione. Quell’allusione che fa ricordare la Pizia dell’oracolo di Delfi di cui gli antichi dicevano: «Dice e non dice, ma allude».
Dare del «tu» a un presidente della Repubblica da parte di un presidente del Consiglio non si è mai verificato nella storia della Repubblica italiana. Anche quando il presidente del Consiglio era un democristiano (cioè quasi sempre) e il presidente della Repubblica un altro democristiano (cioè quasi sempre), il presidente del Consiglio trattava con la distanza e la deferenza dovuta («lei», oppure «signor presidente», «eccellenza», a scelta) il presidente della Repubblica, significando con questa forma che lui, presidente del Consiglio, rappresentava un governo di una sola parte degli italiani, anche se maggioranza, mentre il capo dello Stato rappresentava appunto tutti i cittadini italiani, cioè l’Italia. Dopodiché, in privato, potevano anche darsi pacche sulle spalle, perché magari uno dei due presidenti era padrino di battesimo del nipotino dell’altro, o perfino socio in affari. Ma, formalmente, in pubblico, uno era il capo di uno Stato, l’altro solo il capo di un governo.
L’onorevole Berlusconi ha infranto questa regola. Ne ha infrante tante, lo sappiamo, e lo sanno gli Italiani. Ma a me questa sembra la più inquietante di tutte, perfino di dire che l’opera della magistratura in questi anni è stata una guerra civile. Gli «sgarbi» o le «disinvolture» di Berlusconi li ho ricordati nel tuo giornale, ma hanno ricevuto silenzio intorno a noi. Ha cominciato un anno fa, ai giorni del G8 di Genova, apparendo in televisione accanto a Carlo Azeglio Ciampi. Un momento tragico per la Repubblica, simile alla bomba di piazza Fontana o della stazione di Bologna, per dire agli italiani che le democratiche forze dell’ordine avevano ripristinato l’ordine turbato da bande di facinorosi. Ora si scopre che queste forze dell’ordine forzarono la democrazia,che con certi facinorosi erano in combutta (si è visto nei documentari)e si comportarono da picchiatori selvaggi con chi facinoroso non era. E che le garanzie costituzionali in Italia furono vacanti per un giorno e più. Mi chiedo: fu Berlusconi a proporre a Carlo Azeglio Ciampi di affiancarlo in quel messaggio alla Nazione? O fu il contrario? Il «tu» di Berlusconi a Ciampi solleva questo allarmante interrogativo.
Secondo «sgarbo» (almeno apparente): la sera del 22 aprile ultimo scorso, pochi giorni dopo l’assassinio di un tecnico dello Stato, il professor Marco Biagi, e alla vigilia di una grande manifestazione sindacale, l’onorevole Berlusconi, a reti unificate sulla televisione di Stato, lancia un messaggio alla Nazione. Lo fa «travestito» da presidente della Repubblica, con la scenografia e l’atmosfera di un’occasione di capo dello Stato. Nel frattempo il vero capo dello Stato non c’è: la sua immagine è latitante, per tutti i cittadini italiani. Perché? È andato a far visita privata (sottolineo la parola privata) ai congiunti del professor Biagi che avevano rifiutato i funerali di Stato. Mi chiedo: fu l’onorevole Berlusconi che volle questa messinscena (la televisione a suo modo è una messinscena) o il contrario? Il «tu» di Berlusconi a Ciampi autorizza questo interrogativo.
Insomma, cosa significa questo «tu» apparentemente allegro e spregiudicato, oltre che esibito in ogni forma mediatica, di Berlusconi a Ciampi? Una vecchia amicizia? Una confidenza da antichi compagni? Un avvertimento? Se è così, sarebbe preoccupante. Perché la biografia dell’onorevole Berlusconi almeno in quello che è possibile, la conosciamo: cantò sulle navi da crociera, fu costruttore edile, fu amico di Craxi, ebbe una tessera della Loggia P2 di Licio Gelli, entrò in affari, familiarizzò con banchieri, divenne miliardario.
Ma, mi chiedo, cosa c’entra Carlo Azeglio Ciampi con tutto questo? Egli è stato solo governatore della Banca d’Italia e ministro delle Finanze di un governo. E allora? Allora a cosa allude questa inquietante confidenzialità che esibisce con lui l’onorevole Berlusconi? Insomma, cosa insinua l’oracolo di Delfi? E perché, mi chiedo, il presidente Ciampi non lo ha messo al suo posto come meritava? Magari non subito, in quella circostanza ufficiale, perché non sarebbe stato educato. Ma dopo, con una nota pubblica del Quirinale, dove gentilmente si deprecava che l’onorevole Berlusconi trattasse il capo dello Stato come un compagno di merende. Ciò avrebbe rassicurato i cittadini italiani che avrebbero detto: ma guarda questo bel tipo, che faccia tosta, ci ha presi per il pubblico delle navi da crociera.
Invece no: silenzio da tutte le parti. Su questo oscuro quesito dell’oracolo di Delfi, che non ho inventato io, caro direttore, ma l’onorevole Berlusconi, non voglio chiedere la tua opinione in quanto direttore. Sarebbe troppo chiedere.
Vorrei chiederla invece ai cittadini italiani. Perché ho ancora l’illusione che i cittadini debbano esprimere democraticamente e liberamente la loro opinione.
Caro direttore, ti chiedo invece di aprire un piccolo forum di opinioni intorno al quesito che ci propone un capo di governo esibendo insolite maniere verso un capo di Stato (sarebbe utile sapere cosa ne penserebbero i cittadini di altri Paesi europei se a casa loro succedesse lo stesso, ma questo sarà eventualmente in altra sede). Il quesito è: per quale ragione Berlusconi da del «tu» a Ciampi con tanta ostensiva confidenza?

Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 - Lisbona, 2012) ha pubblicato Piazza d’Italia (Bompiani, 1975), Il piccolo naviglio (Mondadori, 1978), Il gioco del rovescio (Il Saggiatore, 1981), Donna di Porto Pim (Sellerio, 1983), Notturno indiano (Sellerio, 1984), I volatili del Beato Angelico (Sellerio, 1987), Sogni …

La cattura

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di Salvo Palazzolo, Maurizio de Lucia