Umberto Galimberti: L’insicurezza di tutti i giorni

19 Agosto 2002
Holly e Jessica, le due bambine di dieci anni che vivevano in un tranquillo villaggio inglese vicino a Cambridge, scomparse domenica 4 agosto dalla loro casa, sono state uccise, secondo la polizia inglese, dal bidello e dall’insegnante di sostegno della scuola che frequentavano. Quindi le due bambine conoscevano i loro assassini, e quell’incondizionata fiducia che chiunque di noi può leggere negli occhi dei pre-adolescenti che si affacciano alla vita è stata ancora una volta usata per spegnere sul nascere la loro gioia di esistere. Pedofilia? Probabilmente. Ma qui il duplice assassinio è maturato in un contesto fiduciario che è la scuola. Una scuola dove forse è troppo scarsa l’attenzione sul personale che viene assunto per il lavoro più delicato del mondo che è quello dell’educazione dei bambini. Troppo spesso la scuola, in Inghilterra come da noi, pubblica o privata che sia, viene considerata un’agenzia per l’assegnazione di posti di lavoro, a cui si accede per titoli e punteggi che fanno riferimento a tutto (voto di laurea, esami di abilitazione dove sommariamente si verifica la competenza culturale, figli a carico, ricongiungimento al coniuge) fuorché al tipo di personalità che si mette in aula ad insegnare o fuori dall’aula a sorvegliare. Quel che conta è l’occupazione e lo stipendio. Non l’idoneità pedagogica o la struttura psicologica della personalità che nessuno verifica o sottopone a test che pure esistono e che andrebbero praticati su vasta scala per evitare di immettere, non dico dei pedofili nelle nostre scuole, ma anche semplicemente delle personalità disturbate, incapaci di creare uno straccio di comunicazione emotiva, così essenziale perché un apprendimento possa essere proficuo. Il risultato è che, senza arrivare all’eccesso di questa tragedia consumata in Gran Bretagna, che tanto ha scosso l’opinione pubblica inglese, oggi iscrivere un figlio a scuola è un vero e proprio terno al lotto. Può capitarti l’insegnante idoneo e capace, così come può capitarti chi non solo non ti insegna nulla, ma ti rovina il carattere, iniettandoti giorno dopo giorno dosi costanti di demotivazione che ti fanno odiare non solo i libri, ma la vita stessa. E poi ci si lamenta dei giovani, abulici, disfattisti, disinteressati. Ma dove hanno passato la loro pre-adolescenza se non sui banchi di scuola a perdere progressivamente fiducia in se stessi e voglia di fare? E allora se è vero che uno alto 1 metro e 50 non può fare il corazziere, perché chi è assolutamente privo di capacità comunicativa, chi ha una personalità disturbata, chi ha deviazioni sessuali che mettono a rischio l’incolumità psichica quando non fisica, come in questo caso, dei pre-adolescenti affidati alle loro cure, perché costui può fare l’educatore? Solo perché necessita di un’occupazione e di uno stipendio a cui lo abilitano qualità che non sono quelle essenziali per crescere bambini che necessitano di competenze non solo culturali, ma psicologiche e formative? Ci siamo occupati di Holly e Jessica non per il gusto dell’orrore che la loro morte inevitabilmente suscita, e neppure per scavare in quel mondo perverso della pedofilia dove, tra l’altro, in nessun paese d’Europa si stanno prendendo seri provvedimenti nonostante il fenomeno sia ovunque dilagante, ma perché questo fatto si è consumato all’interno di quei rapporti fiduciari che a scuola si stabiliscono tra bambini e adulti preposti alla loro cura, senza che un minimo di verifica mai si faccia per stabilire idoneità e adeguata competenza. Perché se anche i luoghi di affidamento e di fiducia diventano luoghi a rischio allora qualche riflessione sulla nostra civiltà, così attenta a difendersi dai pericoli esterni, bisognerà pur farla, per capire se tutti i nostri apparati di tutela non abbiano maglie troppo larghe proprio là dove si svolge la quotidianità della vita, come in quel piccolo villaggio inglese dove due bambine di 10 anni, uscite, a sentir loro, per comperare un po’ di caramelle, non sono più tornate, uccise da chi le doveva preparare alla vita. è dalla quotidianità che si misura il grado di civiltà di un paese, e ancor più dalla sicurezza e dalla serenità che si garantisce ai bambini, in quella fase in cui con una fiducia incondizionata si aprono alla vita. Non rispondere a questa fiducia e non garantire sicurezza nei luoghi di quotidiana frequentazione, come può essere la scuola, dice quanto sono diventate precarie le nostre condizioni d’esistenza e quanto incerto sia il nostro futuro se i bambini, pur nella sovrabbondanza delle cose di cui dispongono, sono così a rischio.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …