Erri De Luca: Campi d'infamia

02 Dicembre 2002
Un giornale di sinistra mi chiese un commento all'incendio, lasciato consumare, del campo di concentramento Vulpitta di Trapani dove morirono sei tunisini. Non lo pubblicò. Era al governo la sinistra e i campi di concentramento erano stati inaugurati un anno prima dal suo proverbiale senso dello stato. Dello stato di arresto di stranieri, giorni e notti trenta, senza aver commesso alcun reato: s'aspettavano da un mio commento forse le congratulazioni per non aver fatto scappare dal campo nemmeno un prigioniero, durante le tardive fasi di spegnimento. Li avevo delusi. Al tempo di quel governo la soglia di sensibilità verso quei rinchiusi e verso la guerra bombardiera sulle città jugoslave e verso un agguato di polizia a un corteo di ragazzi metodicamente bastonati in una piazza senza vie d'uscita e poi nelle caserme di Napoli, ecco questo genere di sensibilità era poco sviluppata. E ancora oggi il rimprovero ufficiale rivolto a quel governo è che non ha voluto fare una legge sul conflitto di interessi. Bah.
Oggi c'è un governo che batte le medesime piste, lo ha fatto a Genova raddoppiando l'aggressione di Napoli, lo fa su licenza di guerra planetaria e petrolifera che si è attribuito come socio della ditta di petrolio Bush & Cheney, lo fa sugli stranieri immigrati. Rilancia: trenta giorni in un campo di concentramento per innocenti sono pochi, facciamo sessanta giorni. E apriamone di nuovi. Così la nostra forza pubblica diventa una polizia penitenziaria e il nostro sistema penale si aggiudica un fatturato di detenuti in più, non passato per alcun tribunale, fatturati in nero.
Dilaga volentieri l'illegalità di stato, l'arbitrio di misure fuorilegge, la persecuzione di uomini e donne nel pieno delle forze e della volontà, con storie d'inesorabile emergenza alle spalle. Nei recinti in cui sono stipati non entra manco il papa, né a loro si estende l'accorata supplica di clemenza. Restano fuori dalla grazia di Dio e degli uomini.
E ora finalmente posso fare le congratulazioni ai governi di ieri e di oggi. Ci siete riusciti. Non a regolare i flussi migratori, anche se non vi è mancata la buona volontà di nuocere. Siete riusciti a incanaglire il nostro paese, con la fabbrica di campi d'infamia reclusoria. Avete sfigurato il carattere del nostro paese. Siamo terra inzuppata in mezzo ai mari, spina dorsale del Mediterraneo, giuntura tra nord e sud, perciò siamo stati attraversati da popoli, eserciti, civiltà. Siamo stati ospitali per amo re e per forza. Ora contro l'umanità del mondo che si sposta a milioni risalendo i paralleli, riversandosi da oriente, volete mettere alla sagoma Italia un preservativo di sbarre e fili spinati. Volete mettere un cancello alla storia e alla geografia. Se guardate un poco oltre il vostro delirio di contenimento, vedrete che nel giro di un paio di generazioni saremo meticci. State fermando l'acqua con i cesti. Anche se dividerete la popolazione in detenuti e secondini, e questo sarà il nuovo milioni di posti di lavoro, passeranno lo stesso. Passerà su di noi e sulle nostre meschine barriere l'onda di piena del nuovo mondo e ci rigirerà come un cucchiaio. Il nostro bianco leggero come la meringa sbiadirà e finirà nell'archivio della specie. Saremo globali nel modo migliore, per incroci e innesti. E il risultato del vostro affannare intorno a serrature e catenacci sarà che tutti noi faremo schifo agli occhi e alla memoria dei nipotini posteri, colorati come l'arcobaleno.

Erri De Luca

Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950. Ha pubblicato con Feltrinelli: Non ora, non qui (1989), Una nuvola come tappeto (1991), Aceto, arcobaleno (1992), In alto a sinistra (1994), Alzaia (1997, …