Giorgio Bocca: La cattiva coscienza dei nuovi colonialisti

10 Gennaio 2003
Perché non proviamo ogni tanto a farci in pubblico le domande ingenue, retoriche, infantili che tutti ci poniamo in privato sulla stupidità del mondo e delle guerre? La serie è lunghissima. Perché stiamo mandando mille dei nostri alpini nell´Afghanistan? Forse per guarire una situazione geopolitica inguaribile, a memoria umana, da quando ci arrivarono Alessandro Magno e poi le legioni di Crasso e poi ancora mongoli, cinesi e financo gli inglesi della regina Vittoria.
Cosa hanno queste montagne impervie e queste valli inospitali per attirare la migliore gioventù del mondo a farsi ammazzare dai fieri indigeni? Dicono: è la porta dell´Estremo Oriente. Diciamo meglio, la porta delle porte, restano mille deserti da passare, mille fiumi da varcare.
Qualcuno dice la porta della democrazia, ma da qui si va fino alla dittatura mandarina e in mezzo ci stanno solidissime dittature di ogni tipo, birmano, tailandese, vietnamita, cambogiano che nessuno pensa lontanamente di redimere.
Il mondo intero è pieno di spedizioni coloniali in tutti i continenti: persino in tre isolette della Tasmania, americani, inglesi, francesi, italiani, russi e persino tedeschi partono in armi per Paesi stranieri a rimettervi ordine. Ma il fardello dell´uomo bianco non era stato deposto una volta per sempre? La legione straniera non andava per funghi sulle montagne della Corsica o della Provenza e il colonialismo non era scomparso dalla faccia della Terra?
Le domande sono ingenue, retoriche, infantili, ma come mai le grandi diplomazie e la grande informazione non si pongono mai neppure per sbaglio, le domande serie, come mai alla comunità delle nazioni civili continuano a piacere le favolette amene e a dispiacere le verità elementari?
Per esempio è mai possibile che governanti ed esperti escano fuori di continuo con l´annuncio che la guerra contro l´Iraq non si farà, che non è inevitabile? Ma cosa vogliono dire? Che dopo aver fatto attraversare oceani e mari a centomila soldati, a una montagna di armi, a flotte aeree e navali gli americani diranno: scusate ci siamo sbagliati, questo Saddam non è poi così cattivo come sembra. No, diranno: se ne vada, ci lasci occupare l´Iraq e i pozzi di petrolio senza colpo ferire e noi non faremo la guerra.
Ma questa è la guerra che da sempre tutti vorrebbero fare. Come si può dire che la guerra è evitabile se si sa che la dittatura di Saddam potrà crollare solo sotto la forza di una pressione armata politica ed economica eguale alla guerra? Gli americani e tutti gli altri della crociata non lo sanno che le pacifiche occupazioni non esistono?
Chiunque sia stato occupato, come lo fummo noi dai nazisti sa che la voglia di resistere è insopprimibile, ma ogni volta c´è qualcuno degli occupanti che lo nega. Avendo scritto dopo la guerra dei "Sei giorni" che la resistenza sarebbe sorta nei territori occupati da Israele, fui considerato un nemico dal neo sionismo, ma siamo arrivati al quotidiano bagno di sangue.
Per secoli i romani ebbero una supremazia indiscussa nelle armi e per secoli furono dominati dalla paura che finisse. E un giorno finì, un giorno i mercenari delle altre nazioni impararono a fare la guerra. Ma oggi è questione di anni, non di secoli... oggi la nazione più armata è impegnata nella corsa a tener lontani gli altri che si armano, anche a costo di esporsi al ridicolo di aver paura di staterelli come l´Iraq o prima il Vietnam. Con il risultato che per la prima volta nella sua storia l´intoccabile isola americana è stata colpita al cuore.
Perché si continua a dire ogni giorno su tutti i media che Saddam va cacciato, cancellato, perché rappresenta un nemico mortale per le nazioni libere, quando tutti sanno che basterebbe far alzare in volo da Aviano o da Francoforte i bombardieri atomici americani, o anche solo lanciare i missili da sottomarini e portaerei per fare il deserto del terribile nemico? Perché resiste alla storia e alle sue lezioni il bisogno di giustificare la propria violenza, di dare ogni colpa all´avversario.
Sappiamo, tutti sanno, che queste sono domande ingenue, puerili, retoriche, da pacifisti fessi o smidollati. E magari ci facciamo anche su dell´ironia, diciamo che la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali. Ma forse lo è anche la politica che questo infantilismo e stupidità e retorica non ha il coraggio di superarli. Forse lo è anche il nazionalismo rinascente che appena può va a piantare altrove le sue bandierine, e se ne vanta, e ne ricava il motivo che siamo di nuovo o ancora bravi e grandi come quando andammo a occupare gli scatoloni di sabbia e a far canzoncine sulla bella abissina.
E´ impressionante in questa vigilia guerresca veder rispuntare dai magazzini della retorica e del falso patriottismo tutti i più frusti argomenti dell´interventismo: bisogna essere presenti, chi non c´è ha sempre torto, il benessere va difeso, il falso pacifismo non paga. Per noi italiani è passato più di mezzo secolo da un vera guerra ma le voci sono sempre le stesse.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …