Erri De Luca: Santojanni, storia geniale ed esplosiva

13 Gennaio 2003
Non accetto caramelle né fascicoli dagli sconosciuti. Perciò non mi spiego perché ho accettato il malloppo dattiloscritto di un ragazzo, una sera di Napoli alla libreria Guida, dopo un incontro con studenti. Dev’essere stata una mossa di contropiede, un dribbling al mio catenaccio difensivo. Mi ritrovai col peso supplementare nella borsa leggera in cui sguazza una mutanda di ricambio, lo spazzolino e un’edizione tascabile dei salmi in linguamadre, indispensabile all’ora del risveglio. A Napoli come altrove il mio bagaglio è minimo, perciò il mattino dopo risentii il peso del plico che s’era infilato da clandestino a bordo. Nel treno lo cavai di borsa deciso a scorrerlo alla svelta e poi abbandonarlo, annotandomi solo l’indirizzo per spedire una risposta di riscontro della lettura svolta. Non è andata così. Aperto il primo foglio al fischio di partenza, al bivio di Poggioreale ero già diventato prigioniero. A Formia non ho neanche guardato dal finestrino, scordando la devozione del saluto all’ultima striscia di mare azzurro prima d’inghiottire il buio delle gallerie. A Latina ho dato al controllore un biglietto della lotteria da timbrare e poi ho dovuto alzarmi e perquisirmi per trovare il «titolo da viaggio». Stavo in un viaggio di tutt’altro titolo.
Che cos’era quel pacco di fogli che scartavo a colpi bruschi per non interrompere il seguito? A volte penso che il libro è un formato sbagliato, che obbliga a fermare la corsa delle righe a ogni fine foglio per girarlo. Se la storia ha preso la sua pendenza e corre verso il fondo, spezzarla con la mossa voltapagina è un fastidio simile al singhiozzo. Bravi gli antichi che scrivevano sul rotolo e lo svolgevano senza dover interrompere gli occhi. Quando una volta su cento una scrittura s’impossessa di me, mi spiace che sia distesa dentro uno spezzatino di pagine. La storia del ragazzo mi aveva tolto di torno treno e tempo, per buttarmi dentro l’avventura del più misterioso dei viaggi: quello dentro il corpo di una creatura di sesso opposto. Sì, i sessi sono opposti, non solo diversi, messi invece uno dirimpetto all’altro. La loro alleanza, quando avviene, è coppia, un combaciamento di mancanze. Nella storia di Andrea Santojanni, questo è il nome del ragazzo, succedeva il viaggio semplice e impossibile di due ragazzi, femmina e maschio, che si trovano a stare ognuno nel corpo dell’altro, in una simmetria di spaesamenti.
La letteratura è ben fornita di magnifici viaggi: Ulisse, Dante, Chisciotte, Gulliver, Crusoe. Ma prima di ’sto ragazzo chi s’era inventato il trasloco dentro carne e ossa del dirimpettaio? Un’idea così nitida, senza sforzo d’ingegno e perciò geniale, si svolgeva sotto i miei sensi incalliti e li sbucciava. Togliendo loro scorza, li faceva respirare. Poteva fare il losco, il ragazzo, ammiccare stuzzicando il bordo sordido o piccante e invece tutto preso d’invenzioni s’attiene alla purezza, più per igiene che per vocazione. E così non sbanda e così non mi ha permesso di portare gli occhi fuori dai centimetri quadrati delle pagine. All’arrivo, incerto dell’effetto che poteva fare a un altro lettore, l’ho passato a mia madre, giudice di cassazione letteraria, che ha confermato e rincarato la sentenza. Chiamo la mia agente e le dico di aver trovato un pezzo unico, un regalo per qualunque editore. A differenza di ogni altro esordiente che va al suo primo contratto allo sbaraglio, bisognava spuntare subito termini di contratto da professionisti affermati. Perché lì dentro c’era materia di contagio per comitive di lettori, perché il ragazzo era un caso letterario di quelli che capitano di tanto in tanto all’estero, ma da noi mai spuntava uno così, a diciassette anni con un storia esplosiva a miccia corta che scoppia in mano all’apertura.
Così per consuetudine ho passato il malloppo per primo a Feltrinelli però con l’ultimatum di rispondere entro una settimana, oppure andava fuori. Non era scaduto il termine-capestro e in pochi giorni l’editore aveva azzannato l’osso e il ragazzo aveva il suo primo contratto editoriale con clausole da scrittore di punta. Ora il libro è pronto e va dalla prova di breccia tra le linee compatte degli scaffali già pieni. Un romanzo d’esordio è una scommessa, ma qui non c’è azzardo. Sono solo mostri è una scrittura ariete, da sfondamento.

Sono solo mostri di Andrea Santojanni

"Sabato ventisette marzo. Claudia saltò giù dal letto. In effetti erano le sei e mezza, e se non si fosse sbrigata avrebbe perso il pullman. Ma mica questa è come la pubblicità delle merende del Mulino Bianco, dove alle sei del mattino c’è già un sole da spaccare le pietre, e si è già in f…