Giorgio Bocca: Piccoli balordi e grandi banditi

26 Agosto 2003
Anche per "Raffo", come chiamavano Raffaele De Finis, vengono lasciati una sigaretta e molti biglietti di saluti. Questa, nella piccola malavita di Rozzano, è la pira funebre per gli amici caduti sul campo, uccisi da uno come loro, Vito Cosco. Attorno una piccola folla di parenti, di amici, che pronunciano o scrivono frasi fatte, da fumetto. Sulla strada, fra i casoni di Rozzano: gli annunci funebri sui giornali sono fuori della loro portata, il loro dolore è sincero ma non trova parole vere, solo luoghi comuni: "Alessio eri l´anima della compagnia, quando arrivavi tutti ti circondavano, eri unico", "Alessio la mia anima e il mio cuore sono volati in cielo insieme a te. Tua moglie per sempre". Ma non era unico: era uno dei tanti che entrano e escono di prigione per furti d´auto e spaccio di droga.
È possibile trovare una collocazione di questa malavita di periferia nella storia del crimine milanese? Forse solo sotto l´aspetto quantitativo. Sono decine di migliaia, la società li ignora e loro ne raccolgono gli avanzi. Non sono malavita, non sono ausiliari della mafia, sono dei parassiti del benessere; del molto grasso che cola da una società affluente ce n´è un poco anche per loro. "Noi siamo come il mondo ci invita a essere", diceva Ortega y Gassett. Nessun paragone possibile con la grande criminalità milanese: quelli di via Osoppo operai specializzati in tutta blu e maschera nera. O il delinquere tecnologico del ragionier Fenaroli che mandava a Roma Raul Ghiani a strozzargli la moglie dopo aver predisposto alibi perfetti e un piano di spostamenti come un meccanismo di alta precisione: un´Alfa Romeo Sprint per portare il sicario alla Malpensa, un aereo per Roma, un taxi da Ciampino fino alla casa della vittima in via Monaci, il delitto e subito a Roma Termini per prendere il treno della mezzanotte e presentarsi il mattino dopo in ditta. Anche il linguaggio di Fenaroli era fatto di luoghi comuni, estranei alla tragedia, e però di uso comune nella Milano del miracolo anno 1958: fra l´italiano di Gadda e quello di Testori, fra la Milano politecnica e finanziaria e quella delle periferie proletarie, l´italiano dei mediatori che vivono dietro sigle fittizie e cambiali in protesto. In una città di forte immigrazione meridionale, una confusione che si riprodurrà anche nel processo in corte d´assise dove l´italo-milanese delirante di Fenaroli veniva tradotto nell´italo-palermitano del presidente e qua e là ingemmato dei neologismi sardo-romaneschi del cancelliere. E rimane nei verbali il mirabile dialogo fra il Fenaroli e un suo mancato complice, il dottor Savi: "Sì, ti dissi di ucciderla con una iniezione, ma scherzavo". "Non posso escludere che scherzassi". "È così, scherzavo".
"Dici che scherzavi e non lo escludo, e io stavo allo scherzo". "Non dicesti che nei miei panni anche tu l´avresti fatta fuori?". "No, amico, dissi che non ero maturo per l´uxoricidio".
Era quasi simpatico l´assassino del terziario avanzato Fenaroli. Un trend di vita che i balordi di Rozzano neppure si sognano. A Roma lui e i segretari due tre volte la settimana, più il tempo che impiegavano a correre dietro il denaro che a lavorare, la corsa continua "per via della liquidità un po´ scarsa". E telefonate urgenti, urgentissime per scaricare, scontare, postdatare sperando che nel frattempo non arrivassero i carabinieri. Poi negli anni Sessanta arrivano anche i gangster veri, i rapinatori di banche e di ristoranti, ci si chiede come fu possibile che nella Milano di allora tutti i ristoranti di lusso fossero blindati con bussole di ingresso di acciaio. In quella criminalità la politica si mescolava al delitto, alla ricerca di finte motivazioni, di finti alibi come nella banda Cavallero. Ma comunque quella promiscuità c´era, non come ora che è totalmente assente. In nessuno dei biglietti lasciati sul luogo dove sono stati uccisi i due balordi di Rozzano c´è un minimo accenno a una protesta sociale, a una vendetta politica. Anche di tutta la cultura del delitto d´onore arrivata dal Meridione restano a Rozzano poca roba, gli spinelli e le bottigliette di birra. C´era anche un´altra delinquenza milanese, quella di cui parlava Fred Buscaglione, "non l´anonima assassini ma l´anonima banchieri". Impunita o quasi fino ai giorni di Mani Pulite.
Della piccola malavita di Rozzano si è parlato nei giorni scorsi ampiamente, quasi esageratamente. Forse perché è un segno della criminalizzazione diffusa a prato basso delle società ricche e moderne. Una delle molte ragioni di ansia e di impotenza che rendono deprimente questo inizio del Terzo Millennio.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …