Maurizio Maggiani: Anarchia

03 Ottobre 2003
Anarchici e anarchia. Dopo decenni che non se ne sentiva più nemmeno il suono di queste parole, da un anno o poco più anarchici e anarchia si aggirano nei media come ombre inquietanti di una nuova eversione, di un terrorismo rinato. E oggi le evoca chi ha bisogno di usare parole semplici e convincenti per pronosticare disordine e disgrazia al tempo del G8.
Così che al sottoscritto si pone un problema che proprio pensava gli dovesse essere risparmiato: riflettere sulla propria identità e stare attento a come parla. Visto che il sottoscritto si ritiene un libertario, un’anarcoide, fors’anche un anarchico, anche se magari un anarchico all’acqua di rose. E tutto si sente di essere tranne che un terrorista.
Ho pensato che fosse l’unico lusso che avrei potuto permettermi per tutta la vita: l’orgoglio di sentirmi un libertario. E di esserlo per quello che sono capace: nel retto esercizio del libero pensiero. Nato in una terra, la provincia Apua, dove l’Anarchia è un tratto genetico, temperamentale, prima ancora che un’idea politica, sono cresciuto attraversando il sessantotto, gli anni settanta e le restanti epoche fino ad oggi, sentendo fortemente l’appartenenza a quel modo del pensiero e a quello stile di vita. Non ho mai aderito a un’ideologia anarchica per la semplice ragione che l’Anarchia non è riconducibile a una sistemazione ideologica: è un pensiero che non si può normalizzare.
Quando da ragazzo ho chiesto ai vecchi anarchici del mio paese cosa fosse l’Anarchia, mi è stato risposto: l’Anarchia non si può dire. Lì per là la cosa non mi ha soddisfatto per niente, avevo bisogno di certezze allora, avevo necessità di semplificare: ero un cucciolo desideroso di agire. Col tempo ho capito: l’idea anarchica è irriducibile e a volte ineffabile, e in qualche modo assomiglia a ciò che apparentemente le sta più distante, a Dio. A Javeh, al Dio inconoscibile e innominabile dei Giudei, dei Cristiani e dei Mussulmani. Del resto l’Anarchia al pari di Iddio ha un’unica, irrisolta, domanda da fare agli uomini: siete capaci di farvi ‟nuovi”, abbastanza diversi da ciò che siete per assolvere finalmente al mandato di responsabilità, di regalità, sulla vostra vita e sulla vita dell’universo intero? Umanità redenta per i cristiani, umanità nova, per gli anarchici.
Questo è quello che so io dell’Anarchia, questa è la ‟mia” anarchia. E se qualcuno dovesse dirmi che così non va bene, non potrà essere un anarchico a dirmelo: ucciderebbe il principio del libero esercizio del pensiero. Se c’è una ragione alla diversità insanabile e istintiva –fino all’odio mortale- che separa le ideologie capitaliste e comuniste che hanno dominato il mondo dal pensiero anarchico, che non ha mai dominato niente, sta proprio in questa libertà spirituale; una libertà radicale che non può essere tollerata da nessun potere che si senta in diritto di possedere la verità per conto di tutti.
So questo e so un’altra cosa. Che il dovere di ogni buon anarchico è di sistemare una bomba sotto il culo del Tiranno. Il tirannicidio è una cosa seria e a onor del vero non l’hanno inventata gli anarchici. Per gli antichi popoli latini era una necessità da disbrigare con riti appropriati, per i greci una ineluttabilità tragica, per i romani un dovere civile, per San Tommaso un atto encomiabile esente da peccato. Non c’è popolo al mondo che non abbia i suoi monumenti a perenne ricordo del tirannicida locale. Si, è così, e il monumento a Gaetano Bresci non è un oggetto di folklore, ma un’immagine appropriata della tragedia della Storia. Nulla da obiettare dunque, da un punto di vista morale almeno, al tirannicidio. Ma c’è un problema: chi è e dov’è il Tiranno? Ai bei vecchi tempi era chiaro. Tarquinio il Superbo, Giulio Cesare, Agamennone, Hitler, erano lì, visibili, inconfondibili, immagine e corpo della tirannia. Oggi, nell’Occidente almeno, la cosa è assai più complicata e sbagliare la mira è fin troppo facile. Il Tiranno si è fatto incorporeo, la Tirannia è diventata metafora. Non c’è uomo in tutto l’occidente che potrei in coscienza colpire pensando di colpire il Tiranno. Se lo vedessi in Bush, tanto perché si dice sia l’uomo più potente della Terra, sarei prima stupido e poi ingenuo. Il vero Tiranno è sfuggente e polimorfo, non sta da nessun parte e sta ovunque; non c’è miccia buona per lui, né esplosivo adatto.
Io personalmente dò un nome al Tiranno della contemporaneità: PUL, come dicono i sociologi. Il Pensiero Unico Liberale, quell’ideologia che si è pappata tutte le ideologie e che dice al paragrafo uno e unico del suo statuto: il Mercato è tutto e nessuno ci può fare niente. Al Mercato ogni cosa è asservita: uomini, storia, destini. La Tirannia Totale.
Da libertario so che è mio dovere far fuori il signor PUL. Come? Si combatte un pensiero con una bomba? L’Unicità con i razzi? Un pensiero si combatte con il pensiero. La mia bomba sarà la mia capacità di avere idee più forti dell’invincibile PUL. E le idee non fioriscono tra i vetri infranti, non sono rafforzate dai copertoni incendiati, non si esplicano nei riassunti murali. A mio modo, libero, di vedere se oggi un libertario, un anarchico, ha un dovere ineluttabile è quello di pensare, pensare bene, pensare assieme a quanti più altri può. E agire in conseguenza del suo pensiero.
Il popolo di Seattle ha molta immagine e molta azione. Pensa anche, ma non ha finito di farlo. La sua bomba, quella vera, quella giusta contro mister PUL, non è ancora pronta, la sua miccia è troppo corta. Mentre i Grandi saranno a Genova costretti a non pensare troppo per non dilaniarsi tra loro, il popolo di Seattle può trovare un buon posto per continuare a produrre pensiero, a raffinarlo. Tra questa gente ci saranno parecchi anarchici, pare. Bene. Non li conosco che in minima parte, ma vorrei poterli distinguere per l’acutezza delle loro idee, non per lo spessore dei loro bastoni. Del resto non ho dubbi: con l’esperienza millenaria che hanno, gli anarchici non possono sbagliare mira e sanno molto bene che un bel po’ di vetrine infrante è esattamente quello di cui ha bisogno mister PUL per continuare a vantarsi di essere l’unico che pensa.

Maurizio Maggiani

Maurizio Maggiani (Castelnuovo Magra, La Spezia, 1951) con Feltrinelli ha pubblicato: Vi ho già tutti sognato una volta (1990), Felice alla guerra (1992), màuri màuri (1989, e poi 1996), Il …