Giorgio Bocca: Galante Garrone, il mite eroe

04 Novembre 2003
Ho conosciuto di persona Sandro Galante Garrone nei primi giorni dell’aprile ‘45 in un campo irriguo di trifoglio, davanti a Pradleves ("prato delle acque"), dove stava allora il comando delle divisioni Giustizia e Libertà. Era venuto da Torino, per discutere i tempi e i modi dell’insurrezione e un ultimo disperato e sgangherato tentativo delle Brigate nere d’attaccarci gli diede l’occasione di partecipare direttamente a una battaglia partigiana. Così me lo ritrovai steso sul prato del trifoglio al mio fianco, emozionato da quell’esperienza militare che gli intellettuali, come lui, di Giustizia e Libertà, consideravano un dovere. Il "mite giacobino" uno dei professori di Giustizia e Libertà a cui siamo grati per averci insegnato che la democrazia è esempio. La democrazia come l’onestà. Per questo ci è molto difficile, a volte insopportabile, vivere oggi nella politica in cui l’esempio corrente è quello dell’affarismo corrotto e corruttore. è molto difficile oggi spiegare come sia stata possibile la presenza d’uomini come Galante Garrone, mite ma intransigente. In tutti gli anni della sua lunga vita l’ho sempre sentito alieno da rancori personali, quasi fisicamente estraneo alla violenza, ma intransigente nella difesa della libertà e della giustizia. Oggi i tempi in cui c’era gente che era disposta a morire per la libertà e la giustizia sembrano remoti, ma chi c’è passato non può ripudiarli. Ciò che accomunava quegli uomini, quei professori che guidavano Giustizia e Libertà nella guerra partigiana era una "salda moralità". Nella introduzione a una biografia di Frida Malan, partigiana della val Pellice, Galante Garrone ha scritto: «Che cosa sosteneva gli uomini che in quell’ora combattevano e morivano in quella valle se non la fede in qualcosa di superiore alla loro vita individuale? Qualcosa che alcuni uomini chiamavano Dio e altri patria o libertà e giustizia o democrazia ma che era fondamentalmente una certezza morale... Per capire certe scelte certi orientamenti individuali occorre tener ben conto di queste sotterranee ispirazioni di natura, per così dire, prepolitica. Le scelte di Frida sono sempre state nette, chiare, perentorie». Galante Garrone apparteneva alla moralità delle minoranze intellettuali e religiose piemontesi, a quella costellazione giansenista, protestante, ebraica, salesiana, politecnica di riformisti casti. Bobbio che dice no all’aborto, Piero Gobetti che parla della moralità della famiglia e dell’amore. Erano casti anche i fondatori del comunismo. E in noi arrivati alla Resistenza dal lungo viaggio attraverso il fascismo questa moralità salda dei professori che ci guidavano era una garanzia di fedeltà e di solidarietà, sapevamo che non ci avrebbero tradito, che non ci avrebbero usati. Ci piaceva in loro anche la modestia e il buon senso lodati dallo storico Rosario Romeo: «Meno ferocia e più valor militare, meno variabilità e più costanza, meno vivacità e più sodezza». La democrazia è esempio. Sandro Galante Garrone è stato un mite ma nobile esempio. L’esempio di come si possa guidare una guerra partigiana restando persone civili, persone di giustizia, l’esempio di come si possa essere un magistrato senza abusare del potere, l’esempio di come si possa essere giornalisti e scrittori senza far uso di veleni e di ricatti. Un maestro che ti confortava, che ti seguiva discretamente, la cui telefonata ti allargava il cuore.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …