Giorgio Bocca: Chi ha in pugno la golden war

22 Aprile 2004
Il capitalismo sfrenato sorpassa l´immaginazione, sorpassa Carlo Marx. Ai soldati americani che rischiano la vita, che uccidono chi capita o vengono uccisi per aprirsi la strada di Baghdad sono stati aggregati i tecnici dell´US Aid, acronimo dell´agenzia che prepara la ricostruzione dell´Iraq.
Alla fine della prima guerra mondiale i nostri socialisti, ma anche il nascente sindacalismo fascista, misero alla gogna i ´pescecani´, gli industriali che avevano fatto grandi fortune sulle forniture di guerra, fabbricanti di panni, di armi, di scarponi. Dei dilettanti, dei profittatori estemporanei rispetto ai Ceo, i supermanager delle megaziende americane che hanno finanziato le campagne elettorali dei repubblicani.
I banchieri fiorentini, si sa, finanziavano le guerre di Francia e di Spagna; i Krupp accumulavano fortune fornendo al Kaiser la Grande Berta; i Rothschild prestavano denaro a tutti gli eserciti; i Lafitte prosperavano al seguito di Napoleone, ma segretamente, lasciando le cronache pubbliche, ai grandi valori patriottici, religiosi, epici.
Una eredità per gli storici che, a cose fatte, avrebbero ricostruito per un piccolo pubblico di intenditori, magari finanziati dai padroni del vapore, i retroscena della grande rapina. Lungaggini di un passato frenato da galatei aristocratici o borghesi.
Ma il ´business is business´ attuale, frenetico, scoperto, aggressivo, gangsteristico, supera il marxismo da comizio, le invettive degli anarchici, le ire dei Savonarola, le maledizioni dei profeti, le indignazioni degli evangelici, la retorica di Brecht.
I numeri del bottino sono strabilianti: 10 miliardi di dollari l´anno per decine di anni e magari di più, dai 30 ai 60 secondo altre stime. Una golden war, una guerra con i suoi morti, ma coperti dall´oro come esige questo modello di vita che indora tutto: i cani da riporto, i cibi per i gatti, gli hamburger e che riporta tutto agli incassi, ai top ten che hanno guadagnato di più, venduto di più. Secondo la regola del mercato: chi investe di più e rischia di più passa all´incasso; dice alla brutta agli altri: giù le mani dal banco. Il piano Bush è chiaro: tutto a noi, il meglio ai miei amici.
E l´Onu? Si prenda i 50 milioni di dollari per le organizzazioni volontarie americane di assistenza ai bambini, e roba simile, e stia zitta e buona. Quante portaerei ha l´Onu? Quante il papa?
Gli appalti vanno alla Halliburton di cui è stato l´ad, l´amministratore delegato, Richard Cheney, il cervello del governo; una bella fetta andrà al Bechtel Group, dove sono cresciuti l´ex segretario di Stato George Shulz e l´ex ministro della Difesa Caspar Weinberger.
Aziende private vicine all´amministrazione gestiranno i 270 ospedali, le scuole, i corsi di formazione per quattro milioni di bambini.
Dice la segretaria inglese all´Industria Patricia Hewitt. "Ci hanno detto che per noi non c´è più posto".
Tutto per un mondo migliore? Non esattamente: la gigantesca macchina della ricostruzione-distruzione alla Schumpeter o alla Dillinger sarà pagata dal petrolio iracheno. Ecco spiegata l´operazione, anch´essa premeditata, del salvataggio dei pozzi, ecco tutta da raccontare la sordida partita della corsa agli appalti fra interventisti, neutralisti e oppositori.
Naturalmente c´eravamo anche noi, c´era anche Silvio amico di George, chi sa se il boss dei boss gli lascerà qualche briciola. Per ora tutte le richieste europee di far gestire la ricostruzione dall´Onu sono fallite. Può darsi che Blair riesca a farsene dare una parte. Ma l´avvio dell´Impero non sembra incoraggiante.
Questi affari che si fanno sulla carne da cannone suonano come una condanna della nostra specie.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …