Giorgio Bocca: L'inganno iracheno

01 Luglio 2004
Quando si entra nella strada del peggio tutto andrà come deve andare verso il peggio. La svolta irachena altro non è che insistere nel peggio. La consegna dei poteri a un governo fantoccio è il più grande regalo che si potesse fare all'integralismo islamico che accusa i "traditori" di aver "venduto l'anima ai cristiani corrotti". Significa l'allargamento della resistenza sotto forma di terrorismo ad altri paesi, Arabia Saudita, Pakistan, Indonesia, Marocco. L'idea di usare i paesi arabi moderati per la occupazione dell'Iraq è di quelle che solo Dio o satana possono suggerire agli stolti. I soldati dei paesi arabi non arrivano da Marte, sono figli del popolo musulmano, poveracci, umiliati dal confronto con i soldati della cristianità ricca e superarmata, alleati per forza, infidi. La storia non esiste per i teorici della guerra continua e della occupazione, il furore e il sangue e l'odio della risorgenza araba e islamica non esistono, si è scelto proprio questo terreno ardente per riprovare strategie e metodi colonialistici. Non è bastato il Vietnam, non è bastata quella sconfitta cocente dell'ultimo colonialismo. Ci si riprova, con la stessa tracotanza e vanagloria militarista, con lo stesso sventolio di bandiere. Non c'è logica, non c'è uso della ragione in questo ritorno alla forza e alla violenza. Dicono i realisti, i machiavellici che la ragione della guerra e della occupazione è il petrolio, l'energia di cui l'Occidente ha necessità assoluta. Ma c'è un modo più rapido ed efficace di mettere in crisi il rifornimento del petrolio e dell'energia che quello colonialistico delle occupazioni, dei protettorati? Con il terrorismo il petrolio è diventato il più insicuro dei beni terrestri delle nostre riserve. Il sabotaggio dei pozzi e degli oleodotti è facile, basta un'incursione negli spazi desertici e una carica di tritolo per fermare la macchina, e il terrorismo è arrivato nell'Arabia Saudita degli emiri miliardari, è arrivato nei quartieri dei tecnici stranieri che stano fuggendo in massa. Ecco l'effetto della occupazione militare: va in crisi e in panico tutta la struttura petrolifera, si mettono in salvo quelli che dovrebbero farla funzionare. è una delle trovate dei petrolieri che stanno attorno a Bush, quelli che odiavano Mattei, quelli che non avevano capito che il petrolio si compera al giusto prezzo e non si ruba. Dicono che ricordare il Vietnam sia da disfattisti, ma come è possibile non ricordarlo quando in Iraq quella esperienza rivive sotto gli occhi del mondo? I generali Usa che hanno progettato l'operazione, i tecnici, dicono che per controllare un territorio vasto come l'Iraq ci vorrebbero 500.000 soldati. Esattamente quanti ce ne erano nel Vietnam alla fine della guerra cioè quando ci si rese conto che non bastavano e che per evitare il massacro non c'era altra via che la ritirata generale. Si è detto e ridetto che fu un grande errore lo scioglimento dell'esercito di Saddam da parte degli americani. Fu invece l'unica decisione saggia anche se vana. Sciogliere o tenere un esercito nazionale in un paese occupato da un invasore straniero è la stessa cosa, è fornire alla resistenza, alla voglia di indipendenza una massa di possibili disertori, siano essi in congedo o in servizio. Forse meglio in congedo che in servizio e armati, pronti a passare alla resistenza. è singolare che un paese come gli Stati Uniti, nati da una ribellione al colonialismo inglese, che si sono dati la Costituzione più democratica del mondo, che si sono distinti alla fine della Seconda guerra mondiale dalla difesa degli interessi colonialistici delle potenze europee, non abbiano capito che il tempo del colonialismo delle cannoniere è definitivamente morto, sotterrato dalla rivoluzione tecnologica che ha messo a disposizione di tutti quanto basta di tecnica per far cadere le torri di Manhattan, per tenere in scacco le divisioni corazzate, per costringere le armate aeree a bombardare donne e bambini. E questa è una delle più recenti lezioni sul neocolonialismo impossibile, l'uso di una aviazione distruttiva che non sapendo come colpire la sfuggente resistenza popolare si rifà bombardando una festa di matrimonio o quartieri di civili. I neocolonialisti, gli interventisti definiscono disfattisti, falsi pacifisti, traditori tout court quanti vanno dicendo che la guerra e l'occupazione dell'Iraq sono sbagliati e che c'è un modo solo per uscirne: tornare a casa, ritirare i soldati. Per una ragione di fondo che trascende la politica estera di Bush o di Berlusconi: che bisogna in qualche modo fermare la "accelerazione" autolesionista del mondo, delle sue tecniche, delle sue armi, delle sue persistenti aspirazioni imperiali. La verità è che i ricchissimi della terra sono poveri di fronte ai bisogni e ai problemi di una umanità che corre senza mai fermarsi.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …