Gabriele Romagnoli: La modernità del male

26 Luglio 2004
Nel libro di Giobbe "il Signore disse al satana: "Da dove vieni?". Il satana rispose al Signore: "Dal percorrere la Terra dopo averla girata"". La Bibbia ammetteva dunque la presenza diabolica tra gli umani, ciò che tanto ci sconvolge quando la cronaca ci rivela le gesta di adoratori del demonio. Eppure l'evocazione del diavolo è ossessiva, a diversi livelli. Il satana quotidiano ci appare in forme diverse: affascinanti o ridicole. Il riferimento è diretto o subliminale. L'effetto, immediato o mascherato. C'è sempre una facciata dietro la facciata e il processo di disvelamento di questa orgiastica apparizione è necessariamente complesso, per cui occorre procedere per gradi e sequenze, sottraendo numeri e significati, arrivando infine alla possibile individuazione della natura, questa sì, diabolica del piano. Anzitutto l'immagine. Quella è martellante, come una campagna pubblicitaria. Ed esiste, in effetti, il satana da spot, che, in mantella al bancone, ordina un analcolico. C'è un satana filmico che assume le istrioniche sembianze di Al Pacino e confessa in un affolato convoglio della metropolitana di sentirsi più a suo agio sottoterra, circondato da anime in pena (in L'avvocato del diavolo) o quelle di Robert De Niro e lento inghiotte simboliche uova (in Angel heart-Ascensore per l'inferno). C'è un satana letterario-epistolare che scrive 35 lettere, tutte a André Frossard (raccolte nel libro Il diavolo forse-35 prove della sua esistenza), rivelando di aver inventato, tra l'altro, l'aborto, la psicanalisi e la filosofia di Hegel. C'è un satana da stadio, stemma di una squadra di calcio il cui attuale proprietario si dice al tempo stesso "unto dal Signore" e "demonizzato" dai critici. Ci sono un satana da videogioco, uno da cd (Kid loco canta "Il diavolo è venuto/a trovarmi in cucina/il Signore due volte/nella mia camerina") e uno da Internet (con tanto di top ten aggiornata dei dieci migliori siti dedicati e di "Radio Free Satan" che trasmette on line senza sosta, da qui all'eternità). C' è un satana da teoria del complotto, le cui sembianze si sarebbero delineate tra il fumo esalato dalle macerie delle Twin Towers l'11 settembre 2001. C' è un satana televisivo, diabolicamente finto come in un servizio taroccato e smascherato andato in onda anni fa sulla Rai o fintamente diabolico come nelle comparsate dei satanisti ai talk show con i loro ineluttabili pizzetti neri (molto più inquietanti le facce degli studiosi "laici" che li confutano, smaccatamente sedotti dalla materia che avversano). In questo troppo apparire l'essere si debilita, il volto si fa caricatura, il timore che incuteva si trasforma in liberatorio dileggio. Ma il demonio ha, come davanti a Giobbe, un piano di riserva. Si organizza, in senso stretto. Se quella da subculture giovanili e da rappresentazione cinetelevisiva è la sua presenza dilatata, trasparente e perdente, bisogna invece fare i conti con quella strutturata. È qui che entrano in gioco bande, sette e congregazioni, di cui, con dosato raccapriccio a mezzo stampa, scopriamo usi e scostumatezze. Sulla quantità e qualità del fenomeno non v'è certezza. I numeri, anzitutto. C'è chi li dà, letteralmente. E ha le sue ragioni, poiché capeggia contro-movimenti anti-satanisti, come Overcomers Victorious, secondo il quale ogni anno si celebrano cinquantamila sacrifici umani e se non troviamo altrettanti cadaveri è perché poi vengono bruciati e sepolti o fatti a pezzi e divorati. Stime più attendibili parlano di dieci casi del genere, a stare larghi. E i movimenti stessi sono "centinaia" per i "cult cops", agenti anti sette, quando in realtà, fatta la tara ai satanisti di coppia (meglio noti come "amanti diabolici") i gruppi veri e propri sono una dozzina e solo due superano il migliaio di aderenti: la ‟Chiesa di Satana” e il ‟Tempio di Set”. La biografia dei loro leader non si apre con luciferine rivolte al cospetto del potere supremo, bensì con ramazzate sulla pista di sabbia lordata dai leoni (nel caso di Anton La Vey, leader della ‟Chiesa di Satana”, prima inserviente di circo, poi domatore, infine ipnotizzatore). Il suo scismatico rivale Michael Aquino, che guida il ‟Tempio di Set”, era invece ufficiale nel controspionaggio. A New York i seguaci della ‟Chiesa di Liberazione satanica” si riuniscono nella libreria posseduta da un uomo conosciuto come "Herman l'orribile". È questo, d'altronde, il vero mistero del capo di una setta: il suo passaggio da nullità a riverita autorità. Per supplire a questa deludente incarnazione del satana, i teorici della sua rischiosa immanenza alludono a un livello ulteriore e nascosto, una cupola di "insospettabili" che trama nell'oscurità, collega e dirige tutte le piccole organizzazioni, esigendo omicidi rituali e abusi di minori. Segnalato con insistenza soprattutto in Belgio, questo network segreto corrisponde più probabilmente alla definizione che ne ha dato Sherril Mulhern: "una leggenda in cerca di Inquisizione". Che cosa realmente facciano gli adepti di queste associazioni è un altro argomento di discussione. Gli omicidi a sfondo satanico esistono, ma sono più quelli commessi dai singoli, come Richard Ramirez (che impose alle sue 13 vittime di convertirsi al demonio prima di morire e accolse la condanna al grido "Heil Satan!"), che dai gruppi. Lo stesso vale per violenze e abusi sessuali. Che la sessualità sia però una delle scintille che accende il fuoco della passione demoniaca è scontato. Lo evidenzia, con rara trasparenza, la setta, scovata a Catanzaro Lido dal professor Giuseppe Cosco, denominata "Ordine del Triangolo Nero". L'ingenuità dei fondatori di queste conventicole emerge al momento del nero battesimo: un'altra si chiama "I Figli di Iod", che vorrebbe essere un offensivo Dio al contrario, ma fa più l'effetto di un complessino Anni Sessanta, la cui esibizione al Cantagiro era confinata tra i "Delirium" e "I Profeti". Saranno costoro capaci di (nera) magia? E che cosa dobbiamo intendere per magia? Non è forse accettabile la definizione che il grande mago Carter ne dà nella romanzata biografia di Glen David Gold (Carter e il diavolo): "la magia è un modo per tenere lontane le tenebre", anziché richiamarle? Non saranno, questi bricoleur dell'occulto, piuttosto e spesso, esaltati di una parte politica, come i filonazisti dell'Ordine del Lupo Mannaro? La suggestione conduce al terzo stadio di evocazione del satana quotidiano: quello a sostegno di una particolare visione della società e di un progetto di dominio a presunto "fin di bene" che specularmente richiede un "fin di male" nell'avversario. Ecco allora "il Grande Satana" (gli Stati Uniti visti dagli ayatollah) l'Impero del Male (l'Urss vista dall'America reaganiana) e, in generale tutti i tentativi di connotare le caratteristiche dei modelli alternativi a quello che si vuole imporre. La corrente islamica fondamentalista del wahabismo (ovviamente satanica per alcuni suoi critici) definisce ispirati del demonio tutti gli atteggiamenti che bandisce per meglio esercitare il controllo. Se l'iconografia fosse concessa sceglierebbe il poster di un bikini per effigiare il diavolo. Lo scadimento della sua natura è evidente: da sovrano dell'oscurità a figurante sovraesposto, da mito a idolo per circensi, da volontà maligna a pretesto. Precipita non agli inferi, ma nella banalità. Qui sta l'estrema risorsa: nella caduta rischia di trascinare con sé anche il suo opposto. Solo Giobbe ebbe la forza di replicare alla moglie che, come Richard Ramirez alle sue vittime, intimava "Maledici Dio e muori!", "Se da Dio accettiamo il bene perché non dovremmo accettare anche il male?". Solo un'umanità più consapevole avrà il coraggio di riportare sulla terra le radici dei due concetti, che sono umane, troppo umane.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …