Il fuoco sacro della parola

24 Settembre 2004
Seduti sul molo, bisognerebbe osservare i gabbiani mentre volano in tondo nell'aria marcia del tramonto. Spazzini del cielo. Cacciatori di stelle. Mi vennero in mente queste metafore, e tante altre ancora trovate come pepite d'oro fra le pagine di Malcolm Lowry, quando, qualche anno fa, giunsi sulla spiaggia di Dollarton dove il grande scrittore visse insieme a Margerie forse la sua stagione più bella. Fu lì che, staccandosi dal mondo con un taglio netto, simile a un'amputazione spirituale, scoprì qualcosa di se stesso capace di farlo sentire come un dio.

Due cuori e un capanno.
"Per quattordici anni - leggo ora in Salmi e canti, una raccolta di scritti specie giovanili, ma soprattutto una straordinaria galleria di testimonianze umane - i due sposi abitarono in un capanno occupato abusivamente dalle parti di Vancouver, senza isolamento alle pareti ne una stufa per riscaldarsi". Firmato Clarissa Lorenz, moglie di Conrad Aiken, il cui Blu Voyage tanto colpì la fantasia del giovane Malcolm da spingerlo a mettersi sulle tracce dell' autore diventandone amico. Lowry morì alcolizzato, quarantottenne, a Ripe (Sussex) nel 1957, come il protagonista di Caustico lunare, suo indimenticabile cartone romanzesco, ispirato a un ricovero volontario nel reparto psichiatrico dell'ospedale Bellevue di NewYork.
"Di buon mattino un uomo lascia una taverna del porto, con l'odore del mare nelle narici, e una bottiglia di whisky in saccoccia, scivolando sui ciottoli con la leggerezza di una nave che lascia il porto". Inizia così, l'irresistibile racconto rimasto incompiuto.Dodici anni prima della morte di Lowry, Billy Wilder, in quello stupendo film che è I giorni perduti, parve preconizzarne la fine raccontando le vicende di uno scrittore in crisi il quale, inutilmente consolato da una donna, non trova di meglio che attaccarsi al bicchiere.

Dramma etilico.
Fra i drammi etilici del nostro tempo (Dylan Thomas, 1953, New York; Brendan Behan, 1964, Dublino; Jack Kerouac, 1969, St. Petesburg, Florida; Luciano Bianciardi, 1971, Milano), quello di Lowry, in particolare, sembra richiamare la dissoluzione di Edgar Allan Poe che nel 1849 fu raccolto privo di sensi in una locanda di Baltimora e spirò al Washington Hospital pochi giorni dopo. Come l'autore dello Scarabeo d'oro, anche Malcolm Lowry parte da una base lirica. Non potrebbe neppure iniziare a scrivere se non fosse spinto da un'esplosiva carica d'energia vitale - un surplus di cui certi individui sono dotati e che il mondo antico probabilmente sapeva utilizzare meglio di quello moderno.
"Ventinove nuvole. Un uomo ventinovenne era già sui trent' anni. E lui aveva ventinove anni": come dimenticare lo strepitoso grido cripto-dantesco di Hugh, nello sfolgorante capitolo sei di Sotto il vulcano (1947), una delle opere letterarie che ci consentono di interpretare il Ventesimo secolo con spirito meno triste del dovuto? "Twenty-nine cluds. At twenty-nine a man was in his thirtieth year. And he was twenty-nine". Questa è una voce originale. Unica come può esserlo il verso della cicala. Il nitrito del cavallo. Il ruggito del leone. Ci senti dentro l'anima dell'uomo cui appartiene. Con quel romanzo, scampato alle fiamme di un incendio grazie al fortunoso recupero di chi lo compose, sembra che la macchina narrativa di James Joyce, talmente sofisticata e complessa da rischiare l'immobilità, riprenda a marciare. Il monologo di Molly segna il capolinea. Quello di Hugh la stazione di partenza.
Ricordo che i bambini cinesi giocavano vicino alla lapide commemorativa di Dollarton. Ero arrivato laggiùcon un Sea-bus, catamarano d'altura che dal centro di Vancouver mi condusse a Nord, dall'altra parte della terraferma. Poi avevo preso .due autobus verso Deep Cove prima di scendere sulla strada seguendo l'istinto. Mi ero buttato giù verso il mare illudendomi di ripercorrere lo stesso sentiero utilizzato da Malcolm per andare a prendere l'acqua. Ce lo dice lui stesso nell'ultimo racconto di Ascoltaci signore (uscito postumo nel 1961). Secondo la dottoressa Nyland, alias suor Agnes Cecilia, questo lungo diario "è la cosa più bella che Lowry abbia scritto".
Ho riletto il testo e devo ammettere che, a mio parere, si tratta di un'affermazione tanto perentoria quanto giustificata. L'uomo dei boschi batte dieci a zero Katherine Mansfield giocando sul suo stesso terreno: il mare e gli uccelli, la sabbia e gli orizzonti perduti. In altre parole: tutto ciò che restava del romanticismo sul quale i padri inglesi, con le loro visioni di laghi e foreste, edificarono il sistema di valori da consegnare ai figli. Malcolm Lowry non ha più la fiducia rappresentativa di Rudyard Kipling: respinge la buona educazione britannica. Descrivere le piante non gli basta più. Questo scrittore con gli alberi ci parla. Il viaggio intorno al mondo che intraprende a vent'anni si rivela subito, come voleva essere, un passo falso nelle meraviglie esotiche. Ultramarina (1933), il libro che ne deriva, la sua tesi di laurea a Cambridge, commemora un'epoca ormai trascorsa per sempre. Quella dei coraggiosi capitani e degli intrepidi nostromi. Celebra la fine di ogni possibile linea d'ombra. È l'epitaffio di Joseph Conrad.
‟Interionnente - sostiene Gerald Noxon - Malcohn era un uomo in fiamme”. Statura bassa, spalle larghe, forza eccezionale. Al tempo in cui divideva con Margerie il capanno sulla spiaggia, ogni mattina, cascasse il mondo, si tuffava nell' oceano Pacifico a nuotare. Volendo, avrebbe potuto saltare in acqua direttamente dal pontile: pare lo facesse, quando veniva l'alta marea. I suoi occhi erano di un azzurro estremo, scandinavo. La madre infatti era figlia di norvegesi. Il padre un ricco commerciante che, con ogni probabilità, lo sostenne finanziariamente per tutta la vita. Lo scrittore ne aveva bisogno. Così come non avrebbe mai saputo rinunciare alla seconda moglie (la prima si chiamava Jan Gabrial: conosciuta in Spagna, non resse molto). Da solo non riusciva ad allacciarsi neppure le scarpe: lo testimoniò con affetto il dottor McNeill che lo ebbe in cura. .

Il suo Messico.
Oggi il capanno alla confluenza dell'Indian Arm non esiste più. Le famiglie, durante i fine settimana, portano i barbecue sulla spiaggia. Ma per fortuna le autorità non hanno consentito di costruire molto sulla costa. L'oceano entra dentro l'insenatura come un diavolo scatenato e si rabbonisce subito. Lowry si era ritirato su questo braccio di mare: a chi lo vide in quei giorni lontani fece l'effetto di un monaco alcolizzato. David Markson ne rammenta l'eleganza vagabonda: ‟Al posto della cintura si legava alla vita un pezzo di corda o una cravatta smessa”. Chi avrebbe potuto dire che Vancouver sarebbe diventata così importante per lui? La città degli Indiani, sentinella della Prateria, mitico capolinea della Canadian Pacifico In Buio come la tomba dove giace il mio amico, un altro manoscritto postumo dato alle stampe nel 1968, Malcolm recupera alcuni suoi vecchi versi nei quali ricorda il grigio Vancouver Bus Terminal, pieno di nomi da sogno: ‟Portland, New Orleans, Spokane, Chicago - e Los Angeles! Città degli angeli e della mia fortuna”.
Da Vancouver Malcolm Lowry conquistò il suo Messico.

Malcolm Lowry

Malcolm Lowry, nato a Birkenhead, in Inghilterra, nel 1909, da una ricca e morigerata famiglia di commercianti metodisti, nutrì da subito la passione per la vita di mare e per …