Gabriele Romagnoli: Il maestro e Al Zarqawi

31 Gennaio 2005
Se dirlo non è blasfemo, il movimento jihadista ricorda, per numero di correnti, la Democrazia Cristiana. Una tra le differenze fondamentali è che la storia del primo comincia, anziché finire, in prigione. Nella cella di un carcere pachistano si conobbero il famigerato Al Zarqawi e il meno noto Al Maqdisi. Decisero di creare un gruppo combattente. A capo del progetto fu messo Al Maqdisi, che dei due era più intelligente e istruito, specialmente dal punto di vista coranico. Poi, negli anni a venire, hanno avuto dissensi, c’è stata una scissione e Al Zarqawi è diventato il terrorista più ricercato dopo Osama bin Laden. Deluso, Al Maqdisi gli ha inviato nei giorni scorsi una "lettera aperta", pubblicata da molti siti islamici, in cui lo invita a fermare la carneficina indiscriminata che colpisce anche altri musulmani, ma soprattutto gli rinfaccia la mancanza d’"educazione religiosa". Zarqawi è stato evidentemente colpito nell’orgoglio, perché da allora i suoi messaggi sono infarciti di citazioni coraniche, molte delle quali a sproposito (dicono gli esperti, come il blogger Angry Arab). In un crescendo ossessivo ha paragonato se stesso e i suoi seguaci a Maometto e suoi uomini, accomunati dalla lotta agl’infedeli. Ha evocato, come nelle battaglie del Profeta, il verificarsi di eventi miracolosi (a Falluja il cervello frantumato di un mujahiddin sarebbe stato ricomposto senza conseguenze per la sua salute). Ha assunto toni da apprendista ulema e inserito perfino stralci di poesia. Dopo gli anni della prosa di Saddam, un’altra triste stagione letteraria per l’Iraq.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …