Michele Serra: Mondiali a pagamento. Addio servizio pubblico

13 Maggio 2005
Ci sono casi in cui né lo spirito dei tempi, né (tantomeno) la ratio economica riescono a conquistarci, a rassicurarci, a consolarci. La vendita dei prossimi mondiali di calcio (Germania 2006) a Sky, cioè alla tivù a pagamento, è uno di questi casi. Rimangono alla Rai le partite degli azzurri e la finale, ma l´evento nel suo complesso, e cioè quella pletorica, meravigliosa indigestione di calcio universale, di giocatori degli antipodi, centrattacchi della selva, portieri di montagna, terzini del deserto, emiri in panchina, quello scompare dal paniere dei beni popolari, elargiti a piene mani e costo quasi zero per tenerci buoni, per mantenerci bambini, per farci fregare dai circensi, unica fregatura consenziente.
I mondiali in chiaro erano come l´acqua potabile che sgorga dai rubinetti e dalle fontanelle. Erano ovunque ci fosse una presa elettrica, nelle case di tutti, nei bar, nei chioschi di angurie, nei garage notturni, nei gabbiotti dei casellanti autostradali. Erano un genere di caseggiato e di strada, ubiquo, erano uno scialo estivo, con la voce del telecronista che esondava dalle finestre e riempiva i quartieri. Da oggi non sono più un bene pubblico, escono dall´ingannevole ma soave illusione che qualcosa ci sia dovuto a prescindere, a scrocco, per diritto di popolo, ed entrano nel logico e severo mondo della compravendita. Criptati, e acquistabili al botteghino come un qualunque filmone o filmino, dovranno essere stappati come una bottiglia di minerale con quell´ostico cavatappi chiamato decoder.
Ci saranno infinite e magari logiche ragioni economiche a spiegare la detronizzazione della Rai e il gran colpo di Sky. Non ne contestiamo neanche una, non ci interessa farlo. Ci interessa constatare che è stata girata per sempre una pagina importante del costume nazionale, che una regalia solenne (quadriennale) che ci vedeva sudditi, ma sudditi pasciuti e plaudenti, oggi viene cassata come tutte le cose improduttive, e rimpiazzata da più moderne concezioni dello spettacolo, del mercato, del tempo libero. Da popolo scroccone a clientela solvente qualcosa, sicuramente, guadagniamo in decoro, nonché in coscienza di come funziona davvero il mondo. Ma la perdita è secca quanto a condivisione del rito, a quella sensazione di fiesta collettiva, di quasi religiosa sospensione di altre cure durante quella cornucopia di partite. Scompare quella lasca, promiscua comunità plebea che eravamo, almeno una volta ogni quattro anni, di fronte al miracolo dell´elargizione "dall´alto", allo spettacolo organizzato gratis, in ogni piazza e in ogni casa, sparisce quel pezzo (virtuoso) di assistenzialismo che manteneva almeno certe cose fuori dalle regole ferree dell´economia. Niente può sopravvivere, al di là o al di qua dell´economia: questa è la sola vera morale dell´epoca, e decida ognuno quanto gli garba, questa onnipotenza e onnipresenza del denaro dentro, fuori e intorno a tutti ma proprio tutti gli aspetti della vita.
Quanto alla Rai, è perfino noioso constatare quanto la sua identità di servizio pubblico sia consumata e ormai sbiadita: un servizio pubblico che ha l´ansia ossessiva di lavorare in perdita, che si sente pura azienda e non più, non anche elargitrice di beni e servizi, semplicemente non è più servizio pubblico. Ci sono interi comparti della vita nazionale (la cultura, la scuola, la sanità) che se dovessero, per statuto, solamente fare utili, dovrebbero chiudere i battenti domattina. Se è per non andare in rosso che la Rai ha perduto l´asta dei Mondiali, c´è solo da dire che ha fatto benissimo se si considera un´azienda come un´altra, e che ha fatto malissimo se ancora si considera, ripeto, un servizio pubblico.
Per altro, dirigenti in partenza e in arrivo, consigli di amministrazione monchi, presidenti papabili e presidenti sfiduciati si affollano in un caos progettuale e politico quasi totale, e il disfacersi progressivo del potere berlusconiano promette altri mesi di agonia. Sky e la concorrente Mediaset non possono che compiacersene, e il famoso conflitto di interessi gonfia la sua ombra, già gigantesca, di qualche metro ancora. Se questo è il mercato, questo è il risultato: mondiali di calcio criptati, Rai sfiduciata, Mediaset gongolante. Si spera nei tempi supplementari. Se mai ci saranno.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …