Giorgio Bocca: Guerre sante e invasioni armate

23 Agosto 2005
Una menzogna circola per l'Occidente: che il nostro intervento armato in Iraq non abbia alcun rapporto con la minaccia terrorista, che il terrorismo sia una misteriosa combinazione di fanatismo religioso di tradizioni barbare, di odi ancestrali di concezioni della vita e della morte che non hanno nulla a che vedere con la presenza dei nostri soldati sul territorio iracheno.
E invece il rapporto c'è ed è storicamente molto preciso. Noi abbiamo saputo che un esercito terrorista islamico c'era ed era sceso in campo non in astratto, non teoricamente ma di fatto, durante l'occupazione sovietica dell'Afghanistan.
Improvvisamente abbiamo scoperto che un esercito di giovani allevato nelle scuole islamiche stava avanzando e vincendo una guerra impari contro la seconda potenza del mondo, l'armata sovietica che aveva sconfitto la Wehrmacht nazista. In altre parole che gli stessi soldati, gli stessi carri armati, gli stessi aerei che erano arrivati fino a Berlino, che avevano travolto le divisioni hitleriane conquistatrici dell'Europa, che avevano deciso la Seconda guerra mondiale, ora battevano in ritirata di fronte ai mujaedin, ai talebani straccioni. I quali non solo cacciavano un esercito straniero, ma facevano saltare anche le statue del Buddha per cancellare ogni segno di un altro dominio. Sono passati degli anni, la resistenza islamica continua sempre più feroce, il terrorismo di Osama Bin Laden proclama la guerra santa contro i cristiani invasori, taglia la gola ai loro soldati e ai loro mercenari e ogni giorno un esponente dell'Occidente, uomo politico o militare o alto prelato, sente il bisogno di smentire una verità così evidente: c'è una guerra fra due religioni, fra due civiltà e il modo che sembra più adatto per porre fine allo scontro, l'unico al momento, è di separare i contendenti, di ridurre la provocazione dell'invasione armata, di limitarla - per cominciare - al conflitto commerciale, tecnologico che già basta e avanza per fare del mondo un inferno. E sarà anche vero che la differenza nel modo di vivere è profonda e per molti aspetti insanabile, e sarà anche vero che la storia del rapporto fra cristiani e islamici è stata per secoli una storia di conflitti armati, ma è anche vero che negli anni che stanno attorno alla Seconda guerra mondiale, la superbia dell'Occidente ha creduto di avere il diritto di sistemare a suo piacere il mondo islamico, di procedere alle colonizzazioni e ai protettorati che gli facevano comodo, di creare nuovi Stati tirando delle linee sulle carte geografiche e pitturando di rosa quelle toccate agli inglesi, di blu quelle francesi, di marrone le tedesche, di verde le italiane.
L'operazione incominciata nel dopoguerra di trasferirle tutte sotto la bandiera americana, di passare agli Stati Uniti le pesantissime eredità dell'Estremo e del Medio Oriente, dell'Africa, del continente indiano, è fallita: bisogna rassegnarsi a tornare a casa con i nostri potentissimi eserciti regolarmente battuti da chi cerca l'indipendenza e la libertà. Poi si possono fare i discorsi più complicati sulle civiltà e sulle religioni, sul Corano e sul Vangelo, sul papa e sul Dalai Lama, sul modo di cuocere la carne o di mangiarla cruda, ma una cosa è chiara, nessun popolo sopporta più di essere occupato da un altro, di vedere nelle sue città, nei suoi campi dei soldati stranieri. Sarà per via della rivoluzione tecnologica che insegna a tutti a fare i computer come a tagliare la polenta con un filo, ad andare sulla Luna come a far bollire l'acqua infetta, ma il dominio barbarico, territoriale, delle baionette o dei mitra, dei paracadutisti o dei lagunari, è finito, non tiene più e basta ascoltare le chiacchiere dei generali per capire che sono stupidità colossali.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …