Giorgio Bocca: Una orrenda campagna elettorale

23 Settembre 2005
Sarà una campagna elettorale orrenda. Orrenda e melodrammatica, il peggio che il nostro paese possa dare. Nei giorni scorsi ho aperto la televisione e ho assistito a un suo anticipo: c'era il conduttore di un telegiornale della casa che intervistava politici e imprenditori sui sondaggi di opinione per fargli dire che non valgono niente, che uno dice l'opposto dell'altro. Il direttore era quello che in base ai sondaggi aveva piantato sulla carta di Italia le bandierine azzurre della vittoria di Forza Italia alle elezioni passate e che sui sondaggi favorevoli al nostro ha veleggiato per anni.
E allora? Allora i sondaggi non sono più credibili da quando hanno detto che Berlusconi è indietro di otto punti dall'Unione e a dirlo c'è anche quel Crespi che era la sua prima tromba.
La politica sarebbe questo dire e disdire disinvolto, questa certezza che gli elettori sono pronti a bere l'ultimo più forte, più strampalato messaggio pubblicitario?
Se così è, prepariamoci ad affondare fra battute e lazzi assieme all'ometto che abbiamo mandato al governo. Discutere seriamente sullo stato della Repubblica è impossibile. Dice che tutto va bene, che siamo ricchi e mai così importanti nel mondo. Siamo stati fra i fondatori della Comunità europea e oggi contiamo niente, alle Nazioni Unite pesiamo meno della Polonia, l'America ci tratta come servi zelanti e in politica interna siamo alla legge obiettivo nomen omen, una serie di obiettivi megalomani e senza copertura finanziaria.
Adesso abbiamo dichiarato guerra al terrorismo, chiudiamo scuole islamiche, mandiamo in esilio intellettuali e religiosi 'estremisti'. E metà del nostro paese è nelle mani della malavita organizzata, la linea delle palme, come si definiva il Sud delle cosche e della lupara, è salita da Napoli a metà Stivale.
Il nostro ometto questa Italia ormai persa alla legalità dovrebbe conoscerla: passa gran parte delle sue giornate in Sardegna, ha un ministro degli Interni bene informato, dunque dovrebbe conoscere i dati del disastro.
A Napoli, capitale del Mezzogiorno, ci sono 40 clan camorristi che salgono a 107 nella provincia. Negli ultimi tre mesi ci sono state 15 rivolte contro la polizia, contro le 'guardie' come erano chiamate nei secoli passati nella monarchia assoluta.
Il sindaco di Napoli ogni mattino guarda dalla sua finestra le grandi navi delle crociere e se vede molta gente sui ponti si duole: è il segno che non hanno il coraggio di scendere per le visite a Ercolano e Pompei.
Il governatore della Calabria ha chiesto al governo di mandare in soccorso l'esercito, gli imprenditori sono tutti sotto le estorsioni della 'ndrangheta. A Taranto c'era un sindaco mafioso.
In Sicilia l'ultima campagna elettorale a Messina è stata condizionata dai mafiosi armati di catene e nell'isola l'onorata società ha imposto una votazione bulgara: 61 eletti della destra su 61 collegi. L'usura è la regola, anche la Chiesa è stata sfiorata. Alla Cassa del Mezzogiorno è subentrata, nei finanziamenti a fondo perduto, l'Unione europea, ma qualcuno dei contribuenti pare si sia stufato.
Lo ‟sfascio pendulo” del territorio è peggiorato: a ogni temporale segue una frana e a ogni frana risarcimenti per danni non accertati ma ingigantiti, nulla di nuovo rispetto al terremoto in Irpinia.
Ma è sempre stato così, si dice. No, non è sempre stato così, un clan camorrista come quello dei Di Lauro, che tiene a libro paga 600 ‟soldati” e compete con gli spagnoli per il commercio della droga dal Mediterraneo agli Stati Uniti, non c'era mai stato. E alla favola del turismo che copre tutti i debiti non ci crede più nessuno. Altro che sondaggi e demoskopea.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …