Giorgio Bocca: Perfino Casini svela il fumo di Silvio

16 Dicembre 2005
Tutto avrei potuto prevedere nel mio modo di pensare fuor che di trovare condivisibile e persino gratificante un discorso politico di Pier Ferdinando Casini, allievo prediletto di Arnaldo Forlani, che intervistai quando era ministro e mi parve che non avesse pronunciato una parola anche se c'era lì la registrazione a testimoniare che aveva parlato o almeno sospirato.
Ho trovato gradevoli le parole di Casini sull'illusionismo di Berlusconi, sul suo vendere fumo, sul suo mentire alla gente non perché ci trovassi qualcosa di non risaputo, ma perché era la rivelazione che, nel loro piccolo, anche i democristiani di potere, i dorotei si rallegrano se escono dalla paura e possono finalmente dire quello che hanno in testa.
Pensavo che Casini non fosse capace di tanto, che come i suoi maestri democristiani fosse immutabile e impenetrabile, che fosse come Mariano Rumor che un giorno, in un'osteria di Challancin, in Valle d'Aosta, volli mettere alla prova e dissi ai miei commensali: "Adesso provo a fare il suo nome a voce alta. Se non si gira allora è proprio lui". Feci il nome Rumor a voce alta ed era proprio lui: non si voltò a guardare chi lo aveva nominato, continuò a parlare a voce bassa con il produttore di fontina della Valpelline che lo accompagnava.
Pensavo che anche Casini fosse di questa invincibile pasta prudente e oscura da quel giorno che lo incontrai a Palermo nel palazzo di Giustizia in cui si celebrava il processo a Giulio Andreotti. Qui i giudici emisero la sentenza storica sulla Democrazia cristiana e la mafia, su Giulio Andreotti e i suoi compagni mafiosi di corrente, Lima e Ciancimino, di concorso esterno 'fino agli anni Ottanta' con la onorata società. E ai cronisti che gli chiedevano cosa significasse la sua presenza al processo, rispondeva tranquillo: "Sono qui per solidarietà con Andreotti e per la sua innocenza". E il primo a farci su della ironia era proprio il processato che dalla sua sedia a lato dell'avvocato Bongiorno, quella del famoso 'eh vai!' di esultanza per l'assoluzione, dispensava ai cronisti battute curiali sulla relatività della giustizia e del potere, sorridendo mentre affermava di non aver mai conosciuto Totò Riina e tantomeno di averlo baciato.
Ma finalmente, l'altro giorno, quando si è tolto il piacere sommo della libertà e della non paura, quando ha potuto dire ciò che pensa veramente del Cavaliere di Arcore, cioè di uno che scambia le sue megalomanie per la realtà e che divide il mondo tra i fedeli e gli ingrati, in cui comprende tutti quelli che non sono d'accordo con lui, finalmente ha potuto tirar fuori ciò che gli stava dentro. E quando gli hanno chiesto se avesse mai detto di essere migliore di Berlusconi, ha risposto come meglio il suo maestro Forlani non avrebbe potuto: "Non l'ho detto, ma forse l'ho pensato".
Ma a Casini siamo grati in modo particolare per avere confermato ciò che per anni abbiamo sostenuto tra la finta indignazione dei cortigiani: in Italia si era preformato un regime autoritario che faceva paura, che invogliava i deboli e i prudenti a tacere, a non pronunciarsi, ma a frequentare le messe cantate di 'Porta a Porta', a far scendere il silenzio sugli oppositori.
Casini e molti altri usciti finalmente dalla soggezione e dalla paura confermano che quel periodo di incubazione di un regime c'è stato, e che solo ora che le previsioni elettorali sono cambiate e non sono comunque così sicure per Forza Italia, molti, con grandissimo stupore di Silvio, hanno ritrovato il coraggio di dissentire.
E anche il Cavaliere conferma visto che accomuna tutti i suoi critici come ingrati, in una concezione del potere che concede i suoi favori e non riconosce meriti e diritti altrui.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …