Giorgio Bocca: La democrazia degenerata

10 Marzo 2006
Tipica storia di spie all’italiana, ma questa volta con una gran brutta novità, anche per un Paese come questo: lo spionaggio è politico, e sono candidati alle elezioni (le regionali di un anno fa) gli spiati. Funzionari dello Stato in servizio, due guardie di Finanza, vengono distaccati non si sa bene da chi dalle loro funzioni abituali a un’indagine privata su due personaggi politici, la Mussolini e il giornalista Marrazzo alla vigilia di un’elezione. A quale fine? Scoprire magagne pubbliche o private dei due avversari di Storace alle urne.
L’uso improprio di due pubblici ufficiali per un’operazione di spionaggio non è un fatto nuovo e insolito. Gran parte della cosiddetta intelligence, cioè delle investigazioni segrete militari e poliziesche viene affidata a sottufficiali dei carabinieri, della Guardia di Finanza e persino della Forestale che a spese dello Stato, lavorano per interessi privati di grandi aziende o, come sembra in questo caso, di politici. Le due guardie di Finanza distaccate dal loro reparto di Novara spiavano i personaggi politici e riferivano alla agenzia Ssi, un’altra delle creature di questo sottobosco spionistico, un mare di notizie riservate su Marrazzo e la Mussolini: patrimoni, redditi personali e familiari, frequentazioni, amicizie, numeri telefonici, in gran parte provenienti dallo Sdi, la banca dati della Polizia.
Perché il sistema della pubblica corruzione fa presto a costituirsi spontaneamente, gli impiegati dell’archivio fanno presto a capire che per le loro mani passa merce vendibile a caro prezzo e che non si corrono grandi rischi a passare delle fotocopie a dei colleghi della Guardia di Finanza. E così dei funzionari pubblici grazie a una banca dati dello Stato fornivano gli strumenti illegali per una battaglia politica alla vigilia di elezioni regionali.
Le due guardie di Finanza sostengono di non aver saputo della destinazione delle loro informazioni e di aver pensato di fare un’indagine per conto del loro Corpo militare, ma dietro queste difese c’è ormai un uso generalizzato dei cosiddetti agenti dell’ordine da parte di aziende ed interessi privati. È di questi giorni un’indagine della Procura di Milano sul capo della sicurezza di Telecom, un ex ufficiale dei carabinieri dell’antiterrorismo sospettato di guidare una centrale clandestina di spionaggio in grado di violare anche i segreti delle procure.
Francesco Storace nega di avere mai ordinato lo spionaggio sui suoi concorrenti, dice che si tratta di una ignobile congiura ai suoi danni e sta nascendo uno scandalo politico virulento. Il segretario dei Ds Fassino, a commento dell’operazione che ha condotto all’arresto di sedici persone ha dichiarato: «Credo che il ministro della Sanità Storace non possa far finta di niente. Da quel che apprendiamo gli organi inquirenti hanno coinvolto nelle indagini uomini a lui vicinissimi. C’è un’incompatibilità fra la funzione pubblica che ricopre e uno scenario inquietante». Ribatte Storace: «Il presunto dossier sulle operazioni di spionaggio non esiste. Questi schizzi di fango, questo linciaggio, queste falsità ci ricordano che mancano solo trenta giorni alle elezioni. Non tollererò demonizzazioni. Io non giudico la magistratura ma giudico immonda la campagna stampa che si fa su questo caso. E una cantonata storica, una calunnia grande come una casa».
L’indagine sullo spionaggio a fini elettorali è tipica di un’intossicazione poliziesca che non è solo nostra ma che ormai condiziona la politica in tutte le democrazie occidentali. Il terrorismo non ha vinto, la sua offensiva militare sta segnando il passo, gli manca un disegno strategico, politico adattabile al mondo, ma il suo veleno, il veleno del sospetto e della paura si è diffuso, ha costretto le polizie ad allargare la loro rete di informazioni reclutando il personale disponibile, spesso mediocre. Si sperava che il tempo delle «notizie del diavolo», delle «stragi di stato», delle «trame nere» fosse superato dalla caduta del muro di Berlino e dalla fine della guerra fredda. E invece è arrivato, non previsto e non facilmente comprensibile, il terrorismo che ha rimesso in funzione tutti i sistemi polizieschi, necessari o strumentali, utili o inventati. Gli inquirenti pensano che questo spionaggio politico sia stato commissionato da personaggi legati allo staff elettorale di Francesco Storace. Sta di fatto che i due sottufficiali della Guardia di Finanza hanno ammesso di aver ricevuto del denaro dall’agenzia Ssi. E il fatto di averlo accettato senza chiedere a quali fini servivano le loro informazioni sembra dimostrare che ormai la commistione fra le funzioni pubbliche e quelle private, fra quelle lecite e le truffaldine, è normale. E una società di spioni e di sbirri a pagamento non sembra delle migliori: soprattutto quando si scopre che la democrazia italiana deve fare i conti con l’ultima, gravissima degenerazione: lo spionaggio di uomini politici, in campagna elettorale.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …