Vanna Vannuccini: Iran. La mossa a sorpresa degli ayatollah

17 Marzo 2006
Per ventisette anni non hanno avuto contatti diplomatici diretti. Ma ecco che il regime degli ayatollah segnala, per la prima volta pubblicamente, la disponibilità a trattare con il Grande Satana. La Casa Bianca conferma da parte sua che saranno avviate trattative con l’Iran, anche se solo limitatamente all’Iraq.
Teheran ha fatto capire che sarebbe disposta ad andare anche oltre: ‟Dobbiamo risolvere i problemi di oggi. I fatti sul terreno sono molto cambiati”, ha detto Ali Larijani, capo del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale. ‟Possiamo creare stabilità e sicurezza nella regione, ma non con il tipo di retorica e di linguaggio usati dal signor Bolton. Quello che serve è gente ragionevole che possa pensare a un piano di lungo termine”. Siamo quasi al "grand bargain", il grande scambio che da anni l’Iran spera di stringere con il suo arcinemico americano. Negli anni, tutti gli sforzi di riavvicinamento sono falliti. Pesa un’ipoteca che per gli iraniani cominciò con l’‟operazione Aiax”, con cui nel 1953 la Cia rovesciò il presidente eletto Mossadegh; e per gli americani con il trauma del 1980, quando i rivoluzionari iraniani occuparono l’ambasciata a Washington e tennero prigionieri per più di un anno 53 diplomatici. Da allora gli americani hanno visto la politica iraniana come una catena di azioni contro l’America e hanno reagito di conseguenza.
L’ultima volta che Teheran sedette a un tavolo negoziale era stato nel 2001. Dopo aver aiutato l’Occidente in Afghanistan, gli iraniani parteciparono ai negoziati sul futuro dell’Afghanistan. Ma poco dopo il presidente Bush collocò l’Iran nell’”asse del male”, accanto a Saddam e alla Corea del Nord, e tutto finì.
Teheran fece poi un secondo tentativo, rimasto a lungo segreto, nel 2003. Preoccupati di essere ormai accerchiati dalle truppe americane (che erano in Afghanistan, nel Golfo Persico, nelle ex repubbliche ex sovietiche che si affacciano sul Caspio, e presto sarebbero state in Iraq) gli iraniani consegnarono all’ambasciatore svizzero a Teheran (che curava gli interessi americani), la proposta di un grande accordo. Avrebbero cooperato con la politica americana nel Medio Oriente e negoziato il loro (appena scoperto) programma nucleare, a patto che Washington rinunciasse ai suoi progetti di ‟cambio di regime” a Teheran. Ma gli Stati Uniti non risposero, anzi rimproverarono all’ambasciatore svizzero di essere andato oltre i suoi compiti, accettando e inoltrando la lettera.
La proposta di aprire un negoziato è venuta questa volta dal leader iracheno sciita Hakim, capo del potente partito SCIRI e molto legato a Teheran ‟Ci rivolgiamo alla saggia leadership della Repubblica islamica perché apra un dialogo con gli Stati Uniti e discuta i punti di disaccordo sull’Iraq”, ha detto Hakim. Teheran ha colto la palla al balzo. ‟L’Iran accetta la richiesta di Hakim per un negoziato con gli Stati Uniti al fine di risolvere i problemi in Iraq e creare un governo iracheno indipendente”, ha detto Ali Larijani. Larijani fa parte delle voci più moderate che all’interno del regime criticano la politica aggressiva del presidente Ahmadinejad. Mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si appresta a iniziare l’esame formale del dossier nucleare iraniano, queste voci stanno venendo allo scoperto e molti ayatollah, in prima linea l’ex presidente Khatami, si domandano pubblicamente se valga la pensa di scontrarsi frontalmente con l’Occidente. Perfino un’arma potente come la capacità di influenzare il caos in Iraq è a doppio taglio, e alla fine può danneggiare l’Iran non meno degli Stati Uniti.

Vanna Vannuccini

Vanna Vannuccini è inviata de “la Repubblica”, di cui è stata corrispondente dalla Germania negli anni della caduta del Muro. Ha seguito le Guerre balcaniche, lavorato in diversi paesi e, …