Giorgio Bocca: Dove soffia il voto del Nord

13 Aprile 2006
Il voto dell’Italia del Nord, l’Italia ricca, è andato massicciamente a Berlusconi, percentuali bulgare in alcune province del Veneto, adesioni forti persino nel Piemonte provinciale cioè in quanto di più lontano esiste dal berlusconismo caciarone e bugiardo. L’Italia ricca, l’Italia moderata compatta in difesa dei suoi privilegi, dei suoi soldi. Una sorpresa? Ma no, una scelta che si ripete tutte le volte che sono in gioco gli interessi, i privilegi, i soldi dell’Italia borghese e moderata. Un voto conservatore più provinciale che metropolitano, con aspetti diversi: ora fascista, ora clericale, ora manageriale o finanziario ma sempre con lo stesso immutabile obiettivo: la difesa dei ricchi, compresi i poveri che si sentono ricchi.
Dico gli italiani poveri che si sentono dei potenziali Berlusconi: se ha fatto i miliardi lui perché non posso farli anche io? Il voto che negli anni Venti ha preferito il fascismo alla democrazia, che in quelli Quaranta si è rifugiato sotto lo scudo democristiano. Sorpresa? Sorpresa per chi pensa a un’Italia diversa, a una borghesia diversa, non per chi conosce o dovrebbe conoscere sia l’Italia ricca e la sua classe dirigente, sia l’Italia povera ma desiderante, l’Italia che applaude Mussolini, il fondatore di un impero inesistente o comunque già dentro la sua dissoluzione, l’Italia della ‟zona grigia” che appena uscita dalla rivelazione della sua pochezza si ricompatta in difesa del suo primato.
Il 25 aprile del ‘45 noi partigiani di "Giustizia e libertà" scendemmo sulla città di Cuneo sicuri che fosse la nostra roccaforte: avevamo organizzato e diretto la guerra di liberazione e con noi c’era quasi al completo la gioventù della provincia. Vennero le elezioni e fummo cancellati dal trionfo democristiano, cioè dal trionfo del moderatismo, cioè dalla difesa dei soldi, di chi li aveva o di chi ragionava come se li avesse. Una sorpresa? Non direi, si tratta di sorprese che si ripetono:
I Bixio, i Medici del Vascello passano regolarmente dal Garibaldi in camicia rossa e dalla sua rivoluzione contadina ai generali di Casa Savoia, il socialista rivoluzionario Mussolini dal rosso al nero con marcia su Roma alla testa dello squadrismo agrario. Misteriose combinazioni di cause e concause su cui gli storici si affanneranno invano per capire, per spiegare, ma alla resa dei conti la storia è sempre la stessa. È una sorpresa che il Nord ricco sia rimasto fedele a Berlusconi, anche se i borghesi perbene avevano orrore dei suoi gusti, delle sue gaffe, del suo modo di vivere, di essere? Ma quale sorpresa? Avete letto sui giornali le retribuzioni dei manager e dei finanzieri nel quinquennio berlusconiano? Non sono mai state così alte come durante il regime sovversivo e bugiardo delle grandi opere e della grande corruzione.
Non deve essere berlusconiano al voto quel manager Fiat che guadagna in un anno più di un miliardo di euro o di quello specialista in gallerie che ha quadruplicato in tre anni berlusconiani il capitale delle sue aziende? Certo, la conosciamo la borghesia dell’Italia ricca, conosciamo gli alto medio e piccolo borghesi civilissimi, colti e lontanissimi come modo di essere da Berlusconi ma nella difesa dei soldi come lui tenaci, come lui intransigenti.
E conosciamo quelli che si sentono ricchi, che desiderano essere ricchi anche se non lo sono. C’è stato un momento durante la campagna elettorale in cui ho pensato che per noi dell’Unione la partita volgesse al peggio: il giorno in cui i dirigenti dell’Unione ebbero la malaugurata idea di occuparsi delle tasse, della tassa di successione, in particolare. Sapevo abbastanza di questa tassa per essere indifferente a quel vecchio e superato spauracchio, da tutti evaso, o accettato come il minore dei pubblici balzelli; eppure il borghese e moderato che c’è in me entrò in stato di agitazione, anzi di terrore, neri fantasmi di povertà, ancestrali timori per il destino dei figli mi visitarono; e quanto più ragionando capivo che non erano una cosa seria ma una finta minaccia che non avrebbe cambiato neppure in minima parte quanto mi resta da vivere, tanto più mi procuravano una confusa affannosa preoccupazione.
Si parla molto, in questa indigestione elettorale e di passioni elettorali più forti del ragionevole, della sconosciuta e profonda italianità che si rivela nel rifiuto dello Stato, della legalità, del riformismo. Per cui su tutti i giornali, in tutte le televisioni ci sono i nostri migliori cervelli alla ricerca della spiegazione nascosta, del perché, per restare all’oggi, metà degli italiani si siano fatti incantare da un personaggio come Berlusconi, dal suo vitalismo sovversivo. La risposta deve esserci nella nostra storia, ma purtroppo la storia è quel confuso vai e vieni che non ha mai insegnato niente a nessuno. Di certo, in questa lunghissima storia siamo passati da una adorazione dello Stato, del pubblico interesse, delle leggi, del diritto e della loro pratica estensione all’impero militare, della romanità, a una perenne guerra civile fra i ricchi e i poveri, a una perenne alleanza di conservatorismo e di populismo in difesa sostanziale dei ricchi.
A ben guardare il ruolo di Berlusconi non è stato diverso da quello di Mussolini o di Masaniello, il ruolo del sovversivo che smuove le acque, moltiplica l’anarchia, fa un po’ di teatro perché intanto i costruttori di immaginari ponti sugli stretti, di ferrovie ad alta velocità che distruggono quel poco che resta del territorio, di Fiere campionarie senza strade di accesso si divorino quel che resta del mondo. Melanconie, tristi fissazioni di un utopista fallito? Da una recente indagine sullo stato della Italia ricca, quella che ha votato Berlusconi, risulta che buona parte del territorio è stato cementificato, non produce più alimenti, non consente più lo scolo delle acque e la raccolta dei rifiuti, non permette più una vita decente nelle città, sicché avviene l’esodo all’inverso di chi ci era arrivato dalla campagna... e ora ne fugge. Questa Italia sempre più ricca e sempre più sovversiva e autolesionista che ha votato Berlusconi e magari già lo rimpiange.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …

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