Stefano Benni: La nuova Ici (Io Cambio Idea)

13 Aprile 2006
Come volete chiamarla? Mezza vittoria, vittoria ai rigori, vittitta, non-sconfitta, maggioruzza, minimaggianza? Prezioso pareggio, scampato pericolo? No, non mi sento di chiamarla vittoria. Però, è l'inizio di qualcosa che fino a ieri non c'era. E su questo, alcune riflessioni. I coglioni non li abbiamo visti, la figura da coglioni sì. Mi riferisco ai bookmaker inglesi e ai sondaggisti. Ma mentre i bookmaker inglesi hanno pagato regolarmente le giocate, i sondaggisti chi li ha pagati, o chi li dovrà pagare? Non voglio indagare troppo sulla loro scientifica taroccata, Ma se incontro un sondaggista, giuro che gli dirò questo: secondo il mio exitpoll lei ha, nell'immediato futuro, un tredici per cento di possibilità di prendersi un calcio nel culo, un dieci per cento di beccarsi un papagno in faccia, un sette per cento di venir morso all' orecchio, un tre per cento di ginocchiata nei coglioni e un sessantasette per cento che la lasci andare illesa. Ma le mie previsioni potrebbero essere clamorosamente sbagliate. L'avevo scritto prima delle elezioni. Una regola della democrazia, ultimamente in disuso, è quando la maggioranza, larga o risicata che sia, rispetta e ascolta la minoranza. In questa situazione di minimissimi scarti, il governo migliore è quello capace di rispettare anzitutto i suoi elettori, ma anche i bisogni e i desideri dell'altra metà. Si può decidere e avere una linea di governo precisa anche senza una votazione di fiducia al giorno. Berlusconi in cinque anni ne ha avuta la possibilità, e non l'ha mai fatto. Perché dovrebbe farlo adesso? Prodi ne ha possibilità e la responsabilità. Comunque a me la parola Grosse Koalition non spaventa, forse ci sono già state altre grossen, e neanche ce ne siamo accorti. Che la destra faccia i nomi di sei o sette ministri che potrebbero entrare in questa rapida evoluzione del bipartisan. Dovrebbe, penso, tirar fuori della facce nuove: perché tra le vecchie vedo molte facce grosse, ma poco koalition. Preferisco i coerenti, ma comprendo i trasformisti, diceva Ehrich Weiss. Però, per evitare ingorghi, metterei una tassa Ici, sigla che sta per Io Cambio Idea. Chi vuole passare al governo Prodi, o scopre di essere improvvisamente folgorato dal carisma di Rutelli, deve pagare una tassa doganale, più un acconto sui benefici previsti e virtuali. Questo, ovviamente anche in caso di travaso opposto. Gli evasori della nuova Ici dovranno pagare una forte multa che andrà al Fsvti, Fondo di Solidarietà Vittime di Trasformismi Inopportuni e Intempestivi. Mica tutti sono bravi come Vespa. Chi vorrebbe tornare a votare, è pazzo per molti motivi. Il primo è che un nuovo voto non disegnerebbe una maggioranza netta. Il secondo è che nessun pianeta della galassia potrebbe sopportare un'altra campagna elettorale come quella appena conclusa. Il terzo è che una scelta in cui un paese si divide a metà non è una non-scelta, ma una chiarissima scelta. Forse non piace a chi vuole la stabilità, ma esprime il pensiero degli elettori. L'ultima ragione, infine è che i leader non ce la farebbero né mentalmente né fisicamente. Berlusconi non può sparare balle e promesse ancora più colossali. Gli resta solo da dire che, se viene eletto, verrà abolita la morte per cinque anni. E Prodi non può continuare a far finta di sorridere bonario anche quando è chiaramente incazzato come una pantera. Esploderebbe. Non è il caso, adesso, di far troppa ironia sui meno-vittoriosi-degli-altri. Ma una cosa mi va di ricordarla. Il moderato Casini viene a Bologna in campagna elettorale e dice: ci sono dei quartieri che sembrano Harlem. Lasciamo perdere il giudizio sui quartieri, fatto sta che a Harlem ci sono stato, è un quartiere povero, duro, ma anche pieno di musica, di vita e solidarietà. Ma per il moderato Casini è un quartiere nero, quindi sinonimo di quartieraccio. Ecco chi non vorrei dentro una grossa coalizione. Un presidente della camera moderatamente razzista. E come si sono comportati, invece, i politici dell'Unione in campagna elettorale? Colpevolmente, ho visto solo due comizi e ho visto poco la televisione, quasi sempre in un bar tra urla, commenti, applausi e cachinni. Dico solo che, anche se in mille cose la penso diversamente da lei, quella non mi hai mai annoiato è stata Emma Bonino. Il mio sogno? Che un giorno l'Italia non sia più una tendenziale pavocrazia. Cioè una democrazia in cui si vota una parte per paura di quello che ci può fare l'altra parte. Sono anziano e rattoppato, ma ci spero ancora. Per finire, non sono affatto stupito del voto degli italiani all'estero. Quest'anno ho fatto due viaggi, uno in Australia e uno in Germania. E ho visto la voglia di partecipazione, la sincera preoccupazione, il bisogno di capire degli italiani che vivono lontani, anche da tanto tempo. Se posso dare un consiglio a Prodi, dia qualche euro in più ai consolati e agli istituti di cultura esteri, che da anni si vedono decurtare le cifre. Non parlo degli stipendi degli ambasciatori o dei viaggi della nomenclatura. Parlo di quello che serve per organizzare eventi culturali, biblioteche, corsi di lingua, e soprattutto assistenza e aiuto in situazioni di difficoltà. Non occorre una spesa colossale, e sarebbe un provvedimento importante. Colgo quindi l'occasione per rinnovare un invito intercontinentale ad abbonarsi al manifesto. Che a sua volta, grato agli italiani all'estero, si impegna a fare forti sconti per gli abbonati della Patagonia e dell'Antartide. Mi dicono che in ogni punto del mondo sarà possibile ricevere, ogni martedì, il giornale di lunedì. Sull'anno di pubblicazione, non possiamo garantire.

Stefano Benni

Stefano Benni è nato a Bologna nel 1947. Con Feltrinelli ha pubblicato: Prima o poi l’amore arriva (1981), Terra! (1983), Stranalandia, con disegni di Pirro Cuniberti (1984), Comici spaventati guerrieri …

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