Giorgio Bocca: La ricchezza degli impuniti

16 Giugno 2006
Nello scandalo del calcio la cosa socialmente più impressionante, ma a suo modo comprensibile con i tempi che corrono, è la società dei figli di papà, la Gea: figli di Moggi, di Lippi, di De Mita, di Geronzi e altri allevati dai loro padri famosi e ricchi a speculare sui calciatori, a far soldi sui proletari del pallone. Intanto si conferma una regola generale della ricchezza vecchia o nuova che sia: i figli dei ricchi si cercano, si trovano, si perdonano le differenze culturali e politiche. È una regola prudente: pesce grosso non mangia pesce grosso.
E tutte le volte che ho chiesto ai miei conoscenti ricchi, ma di sinistra, come usa dire, perché i loro figli frequentino i figli dei ricchi di destra o fascisti, come usa di nuovo dire, mi sono parsi sinceramente stupiti: e chi dovrebbe frequentare un figlio di ricchi se non figli di ricchi? Anzi i migliori della nuova classe eccellono nei matrimoni fra ricchi, la nipote del famoso socialista, sposa il figlio del ricchissimo petroliere perché i milioni si sommino ai milioni in un desiderio anche patetico di ricchezza crescente e permanente. Del resto il fenomeno sta nella logica della ricchezza: frequenti le scuole, le vacanze, gli sport e anche i vizietti dei ricchi e allora come fai ad avere amicizie con tutti gli altri che non se lo possono permettere.
Ma non è la società fra ricchi e famosi che colpisce nel caso Gea. Colpisce il fatto che questi genitori ricchi e famosi non abbiano trovato di meglio per i loro figli che un lavoro truffaldino su cui le procure della Repubblica indagano per associazione a delinquere o per concorrenza sleale. Curiosa ricchezza, questa nuova ricchezza: perde il pelo ma non i vizi. Qualsiasi sua frequentazione diventa un buon affare. Va sulla Costa Smeralda e subito si associa per creare dei club in cui spennare altri nuovi ricchi, entra nella dirigenza calcistica e immediatamente si fa largo nel commercio dei calciatori e nella pubblicità milionaria che al calcio è legata. Il caso Gea è impressionante come test sociale perché dimostra che i nuovi ricchi trasmettono ai figli la loro stessa voglia di guadagni facili e un po' imbroglioni. La chirurgia estetica si diffonde: loro sono in prima fila per finanziare chirurghi plastici che frequentano gente ricca per combinare le nuove operazioni della ricchezza. Eugenio Scalfari si è interrogato su ‟Repubblica” sulla strana nostalgia della borghesia per il governo Berlusconi che ha impoverito lo Stato e il Paese. Già, ma arricchito lei, esentata lei dalle regole e dal fisco. Il fenomeno della Gea è istruttivo per molti aspetti: la fama e il potere dei padri viene usato per procurare ai figli nuova ricchezza facile e illegale. C'è all'evidenza nei padri la convinzione che la marcia alla ricchezza dei figli va aiutata dal cinismo e dai privilegi. E come i padri sono entrati in società con abili pregiudicati, così i figli si associano agli avventurieri di successo. E il fatto che una figlia del banchiere Geronzi, un figlio di De Mita o di Lippi accettino di fare un lavoro remuneratore ma rischioso come la compravendita di giocatori da parte di società di calcio che i genitori controllano o condizionano gli pare accettabile.
Ma c'è di più. Questo fatto scandaloso e rischioso che è la Gea è rivelatore di un altro aspetto della corruzione italiana e del mondo. Per la nuova ricchezza far soldi in qualunque modo è una occasione da non perdere ed è un rischio relativo. In prigione non ci è rimasto più di due giorni neppure Previti, la giustizia sportiva e quella penale faranno a gara per mandare assolti tutti i nuovi ricchi imbroglioni e il Cavalier Berlusconi continuerà a dire di aver vinto le elezioni avendole perse.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …