Giorgio Bocca: Il Savoia in galera ha trovato la sua strada

10 Luglio 2006
Perché viviamo in tempi brutti anzi obbrobriosi? Perché abbiamo cancellato nella nostra vita, nelle nostre relazioni la morale che non è il bacchettonismo o l'ipocrisia, ma la normale buona educazione, il normale uso corretto del nostro tempo.
Osserviamo il modo di vivere dei personaggi che si muovono scompostamente nelle nostre cronache. La maggior parte di essi non ha un mestiere, una professione, ma si occupa di affari, di guadagnar soldi passando da un investimento all'altro, spesso da un furto all'altro. È quella che Thomas Friedman chiama 'la società piatta, il capitalismo piatto'. Una rincorsa senza fine delle buone occasioni di far denaro non importa come, non importa con chi.
Un modo di vivere estremamente rischioso. Per cominciare è quasi impossibile evitare la frequentazione dei delinquenti. Da tutte le cronache dell'affarismo contemporaneo vien fuori che a un certo punto l'incontro fra l'imprenditore e il pregiudicato, fra il finanziere e il mafioso, fra il buon padre di famiglia e il bordello è inevitabile. Anzi, da parte del delinquente abituale, dello stalliere di Arcore, c'è quasi una affermazione di sincerità, di chiarezza: beh, di cosa vi scandalizzate, io così sono nato e cresciuto!
Una vita rischiosa e dispersiva. Mai uno che si occupi di una sua fabbrica, di un suo prodotto, di una sua professione, tutti che passano incessantemente da un affare all'altro, come gli Angelucci, ora ospedalieri e ora editori, ora dentro la politica ora dentro la pubblicità.
Ogni tanto qualcuno si chiede come mai Silvio Berlusconi abbia tanti affezionati nostalgici. Ma è l'uomo di questo tempo, è il modello, è il vincente in questo mondo di molte abilità e di poche qualità. Questa promiscuità fra i cavalieri del lavoro e i ladri, fra i principi e i rapinatori è stata illustrata dalla vicenda del Savoia: lui si è trovato benissimo in galera, ha avuto la simpatia spontanea dei carcerati. Nella buona società del secolo borghese punizioni come il fallimento o la prigione erano insopportabili: meglio tirarsi un colpo di rivoltella. Adesso sono una lieta sorpresa, un'interessante lezione di vita. Il principe in galera telefona alla moglie: sapessi come sono stato bene accolto, qui tutti mi stimano, mi aiutano. Bravo Savoia, hai trovato la tua casa, la tua strada.
Nel libro di Thomas Friedman si spiega come e perché l'affarismo delinquenziale sia la regola. Nelle grandi compagnie globali, gestite dal managerismo cosmopolita, tutti in modo spasmodico tirano al soldo senza la minima attenzione a chi lavora, a chi investe i suoi risparmi, alle nazioni di appartenenza o di origine, alle tradizioni, alle religioni. Tutti acquisiti anche a una compensazione sessuale incessante, a una ossessione sessuale decisamente pornografica. Con il sigillo della grande pubblicità che ha abolito ogni limite all'uso del sesso, senza accorgersi che sta uccidendo, guastando, una delle ragioni della vita. Come quel dirigente della nostra televisione che ordinava a una giovane attrice: poche storie, spogliati. E in fretta.
È tutto? Ma no, mettiamoci anche il cinismo da quattro soldi dei piccoli cortigiani, dei direttori di giornali che si vantano di essere dei manutengoli dei padroni. Un esercito di uomini che ha scelto il modo peggiore per vivere, perennemente alle prese con il laido e il criminale.
Interi partiti come il neofascista passati dallo Stato forte allo Stato ladro, dalla lotta alla democrazia corrotta alla adesione totale ai suoi vizi.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …

La cattura

La cattura

di Salvo Palazzolo, Maurizio de Lucia