Gian Antonio Stella: Dalla Balena alle Sardine. I mille partitini eredi (presunti) della Dc

23 Novembre 2006
Ricominciamo? La rissa scoppiata tra la Dc di Giuseppe Pizza e l’Udc di Pier Ferdinando Casini somiglia a certi brufoli che ti spuntano a tradimento dopo una cena malandrina: danno prurito ma ti ricordano insieme i bei tempi andati. Dicono gli esponenti del micro-partitino salutato all’esordio da Prodi con onori e abbracci degni di possenti alleati venuti a spazzare via i problemi della maggioranza che la sentenza del giudice Francesco Manzo della Terza sezione civile del Tribunale di Roma non lascia dubbi: gli eredi della Balena Bianca sono loro. Rispondono i casiniani che ‟la sentenza numero 9870 emessa nel 2006 del Tribunale di Roma, sez I, Giudice unico dott.ssa Rizzo”, ha stabilito che lo scudo crociato con la scritta Libertas è invece loro. Mentre Gianfranco Rotondi, segretario dalla ‟Democrazia Cristiana per le autonomie” dice che no, affatto, la sentenza, un delirio. Che ci riporta alla rottura d’un decennio fa tra quanti volevano andare a sinistra e quanti a destra. Ricordate? Fiotti di odio. Serrature cambiate per non far più entrare gli avversari. Conti correnti chiusi nottetempo. Fax di insulti reciproci. Schermaglie. Sergio Mattarella, denunciando Rocco Buttiglione come un golpista sudamericano che si era impossessato illegittimamente del partito, lo chiamava ‟El general Roquito Butillone”. Quello ribatteva ordinando di tagliare il telefono agli ex amici che avevano occupato un piano del palazzo di piazza del Gesù: ‟L’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza”. Gerardo Bianco, che si considerava l’unico segretario legittimo, bollava il Professore ciellino così: ‟Peggio di Mussolini, che almeno accettò il verdetto del Gran Consiglio”. Di più: ‟è un visitor, ha sembianze umane ma è un verme”. Di più ancora: ‟Un invasato pazzo, un mediocre in delirio d’onnipotenza”. Al che Buttiglione rispondeva: ‟Bianco? Boh, è solo il singolare di Bianchi”. Per non dire di Rosy Bindi, che a chi chiedeva cosa avesse in comune con Bobo Formigoni oltre alla verginità, rispondeva: ‟Rispondo solo della mia”. Beccandosi una risposta al vetriolo: ‟Può darsi, ma io sono sottoposto a più tentazioni”. Disse allora il buon Gerry White, come Bianco veniva chiamato dagli amici: ‟Un giorno noi democristiani ci toglieremo il sudario e risorgeremo come Lazzaro!”. Sbagliava. Decisi a sfruttare un clima favorevole, come spiega il giornalista dell’Espresso Marco Damilano nel suo ‟Il partito di Dio”, attenta, acuta e ricca ricostruzione di come la voglia di un partito dei cattolici si sia impossessata della politica italiana, di Lazzari ne sono risorti un mucchio. Col risultato che pochi anni dopo l’epigrafe del cattolico Avvenire (‟Se mancano le condizioni (per un partito cattolico di proposta) forse è meglio porre fine a una storia certamente positiva e lasciare, come ammonisce il Vangelo, che i morti seppelliscano i morti”) i partiti che si richiamano alla Dc sono una miriade. Ai due nuclei originari di democristiani dell’Udc (dove alloggiano i dicì del Ccd e quelli del Cdu) e del Partito popolare (oggi nella Margherita), si sono via via aggiunti i democristiani mastelliani dell’Udeur e poi i democristiani rotondiani della ‟Dc per le autonomie” e poi i democristiani del Mpa di Raffaele Lombardo e poi i democristiani che hanno lasciato Forza Italia seguendo l’ex coordinatore veneto azzurro Giorgio Carollo nel nuovo movimento Veneto per il Ppe e poi i democristiani che hanno fondato con Marco Follini l’‟Italia di mezzo” e poi i democristiani, appunto, di Giuseppe Pizza. E par di risentire Paolo Cirino Pomicino quando rivelava il trucco della Dc: ‟Non ti piace Gava? C’è De Mita. Non ti piace De Mita? C’è Forlani. Non ti piace Forlani? C’è Andreotti...”. A ciascuno la sua Balena Bianca. O almeno la sua Sardina Bianca.

Gian Antonio Stella

Gian Antonio Stella è inviato ed editorialista del “Corriere della Sera”. Tra i suoi libri Schei, L’Orda, Negri, froci, giudei & co. e i romanzi Il Maestro magro, La bambina, …

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