Umberto Galimberti: Lo spazio dei nostri cuori inquieti

05 Gennaio 2007
Da qualche anno s'è diffusa la tendenza a trascorrere parte delle proprie vacanze o il proprio weekend in un convento. è una scelta comune a credenti e a non credenti, uomini e donne, giovani e vecchi. Quel che si cerca in quei luoghi non sempre è Dio, o per lo meno non lo è per tutti. Molto più di frequente è una rivisitazione di sé, per potersi raccogliere e quindi ri-accogliere dal rumore e dalla dispersione del mondo. Sembra infatti che il dialogo quotidiano tra gli uomini sia insoddisfacente, che gli spazi di silenzio e di incomprensione, al di là della buona volontà e delle buone intenzioni, esigano una comprensione superiore. Sembra che la solitudine del cuore sia così abissale da non essere raggiunta da nessuna voce umana. Sembra che le vette della mente non sappiano perché si protendano verso il cielo, se il cielo è vuoto. Nell'atmosfera creata da queste inquiete domande, tutte le parole che quotidianamente impieghiamo nel mondo rivelano la loro afasia. E allora il silenzio del convento, scandito dal suo ritmo, favorisce quel cedimento della mente che è necessario, perché, a differenza del cuore, la roccaforte della ragione è incapace di sfiorare la verità senza possederla. Ultima conoscenza sul labbro delle domande ultime, il cuore, infatti, domanda la genesi del mondo, della materia, della vita, del male, della distruzione, della corruzione, chiede perché iniqua è la distribuzione dei doni e dei dolori agli uomini, e attende di capire perché l’amore per Dio e l'amore per gli uomini sono pezzi che non collimano nella rifrazione prismatica dell’intero. Questo intreccio tra Dio e Amore, dove Amore vede in Dio il suo raggio di trascendenza e Dio vede in Amore la sua natura, altrimenti a lui stesso ignota, è forse ciò che i visitatori inquietamente cercano nell'apparente quiete conventuale. Non sentimentalismi, e neppure slanci mistici, ma questo indecifrabile nesso tra l’Amore e Dio, che non è un privilegio né dei virtuosi né dei saggi, perché, come scrive Christos Yannaras, il maggior teologo greco-ortodosso del nostro secolo, ‟Amore è offerto a tutti, con pari possibilità. Ed è la sola pregustazione del Regno, il solo reale superamento della morte. Perché solo se esci dal tuo Io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a Lui”.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …