Giorgio Bocca: Nel villaggio vacanze regna la pace mafiosa

15 Gennaio 2007
Anni fa sono stato in vacanza al villaggio turistico di Capo Rizzuto in Calabria a quel tempo del Club Méditerranée. Già allora si sapeva che le famiglie mafiose della zona garantivano la sicurezza, cosa apprezzata dalla miglior borghesia di Milano e di Torino che affittava i bungalow, si bagnava in un mare azzurro e lasciava aperte le porte, certa che la proprietà sarebbe stata protetta dalla lupara. Quel costume brigantesco-pastorale si è, a quel che leggo, conservato e perfezionato. Il villaggio turistico è cresciuto in benessere e in efficienza sotto la protezione della famiglia mafiosa Maesano, dei suoi mazzieri, dei suoi amici politici e soprattutto di alcuni appartenenti alla commissione Antimafia, che in quelle amene località hanno il compito principale di stare comunque dalla parte dei mafiosi. Che cosa c'è infatti di più sicuro e di più conveniente che essere amici e collaboratori del boss locale, indipendentemente dalle convinzioni politiche e dalle cariche pubbliche che si ricoprono?
Si legge dunque sulle gazzette, deposto ogni infantile stupore, che fra gli appartenenti alla compagnia turistica mafiosa c'erano i dirigenti del Partito della rifondazione comunista, la segretaria dell'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti, assessori regionali, comunali e provinciali, guardie forestali che, essendo pagate dallo Stato per curare i boschi della Sila e dell'Aspromonte, più saggiamente tenevano in ordine i giardini del villaggio e vi piantavano gratuitamente centinaia di piante.
Ora improvvidamente il felice ordine mafioso di capo Rizzuto è stato sconvolto, ma si spera solo provvisoriamente, dall'arresto di un centinaio di persone che prima collaboravano con la famiglia Maesano a costruire villette abusive, gestire la mensa e rallegrare i turisti con giochi e danze perché tornassero nelle loro città convinti che il mondo mafioso è il migliore di quelli possibili. E tutti quanti si dedicavano alla politica per avere assessori comunali, regionali e dirigenti di partito, amici fedeli non come quel dottor Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, inaffidabile che bisognò toglierselo dai piedi. Ma c'è davvero qualcuno che nel Bel Paese non ha ancora capito che in questo mondo si vive alla rovescia, con i galantuomini inseguiti dai malviventi e gli onesti emarginati dai ladri?
Si è appena scoperto che nella nostra Marina, fra Augusta e La Spezia, dagli ammiragli ai semplici marinai, si era raggiunto un accordo per spartirsi i soldi per la manutenzione delle navi, riverniciate da capo a fondo anche quando erano in navigazione per l'addestramento o per le missioni di guerra. Una specie di indennità marinara equamente spartita fra comandanti, equipaggi e cantieri privati. E poi ci sono i politici e gli economisti che insistono per le liberalizzazioni. Ma in che mondo vivono! Che c'è di meglio che lo Stato per rubare e per campare?
Il trucco era semplicissimo: la Marina ordinava ai cantieri i lavori di manutenzione, i cantieri non li eseguivano, poi si spartivano i soldi. Si dirà che anche Samuel Pepys, il costruttore della Marina elisabettiana, quella che dominava le onde, rubava a man salva, ma lui almeno i lavori di costruzione e di manutenzione li faceva. La procura di Siracusa ha denunciato 15 persone che accusa di aver recato danni per milioni di euro, ma finirà come sempre. Dove sono finiti quegli ufficiali di Padova che fingevano di acquistare vestiario per le truppe? Non c'è opera pubblica che non si trasformi subito in un pubblico ladrocinio, i cantieri dell'alta velocità ferroviaria hanno visto quadruplicare, quintuplicare i costi in pochi mesi. Ma che cosa ci si aspettava di diverso affidandoli ai costruttori sotto falso nome?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …