Curzio Maltese: Il discorso di Veltroni al Lingotto. Il Paese possibile

28 Giugno 2007
Aveva promesso risposte, non sogni, ed è stato di parola. La giornata di Torino, inevitabilmente battezzata Veltroni Day, è stato quanto di meno veltroniano si potesse concepire. Una scenografia povera, nella più brutta e angusta sala del Lingotto, niente filmato, qualche fotografia da Atlante De Agostini sullo sfondo, una colonna sonora minima, non una star. Sarà perché non c’è stato tempo e troppi già lo imitano. Oppure perché Wonderful Walter ormai da sei anni fa un lavoro serio, a contatto con i cittadini, e ha capito che per catturare il voto dei giovani non serve chiamare un deejay a congresso o un esperto d’immagine, ma provare a disegnare una politica per la casa e contro il precariato.
È stato ancor meno veltroniano il discorso, con poco o nulla Luther King, Kennedy e Teresa di Calcutta. Piuttosto scelte concrete e attuali, con passaggi perfino tecnici, sugli inceneritori, l’alta velocità, i rapporti col sindacato, le pensioni, la scuola, la sicurezza, i costi della politica, la famiglia. L’ovazione è arrivata sulla difesa dei Dico e della laicità dello Stato. Un discorso proiettato al futuro dell’Italia. Tanto da non nominare una volta in due ore la parola ‟Berlusconi”.
Una visione del futuro. È quello che manca alla politica italiana, arrivata al capolinea di una stagione vissuta sul duello Prodi-Berlusconi. Due leader che, comunque la si veda, una visione dell’Italia l’hanno avuta. All’Italia di Prodi e a quella di Berlusconi da oggi si aggiunge l’Italia possibile di Walter Veltroni. Ora tocca ad altri candidati raccontare il Paese che vogliono, per evitare di trasformare il 14 ottobre in una semplice incoronazione.
Ora che il dado è tratto e Walter Veltroni ha varcato il suo Rubicone il rischio è infatti di ridurre tutto all’attesa di un nuovo piccolo Cesare. Un altro leader carismatico e taumaturgico, nel solco dannato del personalismo politico all’italiana, un altro illusionista che finirà per circondarsi di cortigiani e non di idee. Già nei pochi giorni di attesa dell’evento del Lingotto, pure sembrati lunghissimi, s’è assistito sui palcoscenici della politica a un frenetico smontare e rimontare fondali di cartapesta per il nuovo show. Com’è sempre avvenuto negli ultimi anni, una mitologia sostituisce la precedente. Nel tentativo di contrastare il maestro del genere, Berlusconi, nel centrosinistra è nata e dura ancora, un po’ logorata, la mitologia di Romano Prodi, a base di biciclettate e convegni del Mulino, europeismo spinto e mortadella a tocchi, solidarismo di parrocchia e grandi fusioni bancarie. Si è bruciata in un anno di governo la stagione del cattivismo dalemiano, il culto di quello che ‟ha i baffi, la barca ed è il più intelligente di tutti”, come dice Benigni, peccato certo per le compagnie e gli inciuci. Ha ballato un’estate la fascinosa e camaleontica figura di Francesco Rutelli, ‟bello guaglione” giusto per la politica d’immagine, radicale molto convertito.
Ora s’avanza nel circo mediatico il favoloso mondo di Walter, con la nuova linea di consumi al gusto di nutella e dolcezza politica, bimbi africani e concerti di massa, Woodstock e visite alle favelas, Roma barocca e cinefestival. Se fossi così, sarebbe poca cosa. Non che il leader non conti, anzi. Soltanto l’ipotesi di Veltroni candidato ha fatto lievitare le intenzioni di voto del Partito Democratico dal 25 al 35 per cento. Ma alla lunga il carisma non basta e Veltroni ne è parso consapevole. La speranza è che lo capiscano gli altri possibili candidati e trovino il coraggio di presentare da qui a settembre altre visioni, idee, progetti di riformismo.
Certo, il talento di comunicatore del sindaco di Roma spaventa i candidati a sinistra e a destra nessuno ancora osa sfidare il padrone. Lo scontro finale fra Veltroni e Berlusconi è insomma nelle cose e forse nella storia. Nel 1994, alla nascita di Forza Italia, un profondo conoscitore degli italiani, Mike Bongiorno, mi disse in un’intervista: ‟Per un decennio dominerà la scena Silvio, poi toccherà all’unico di sinistra che non comunica ancora col bianco e nero anni Cinquanta, Veltroni”.
Se questo è il destino, Veltroni ha cominciato bene la corsa. Le sue risposte sono più attuali dell’eterna promessa di miracoli dell’innominato di Arcore. Si tratta di vedere quanto durerà la corsa, parallela al cammino del governo Prodi. E quale risposta potranno dare insieme si potrà domanda che un operaio della Fiat rivolgeva al compagno, alla fine degli applausi: ‟Dì un po’, io e te siamo cresciuti al Lingotto: ma non stiamo governando noi?”.

Curzio Maltese

Curzio Maltese (1959-2023) è stato inviato per “La Stampa” e poi, dal 1995 al 2021, editorialista a “la Repubblica”. Nel 2022 ha scritto per “Domani”. È stato scrittore, autore per …