Gabriele Romagnoli: Se Second Life diventa persino terra di missione

27 Luglio 2007
In Cielo, in Terra e in ogni Non luogo. Se Dio è onnipresente perché non dovrebbero esserlo i suoi avatar, ovvero quelli che a vario titolo affermano di agire nell’Aldiqua in suo nome e per suo conto? La proposta della rivista gesuita "Civiltà cattolica" di inviare missionari nell’universo virtuale di Second Life è in fondo una coniugazione naturale del verbo ‟predicare” secondo lo spirito dei tempi. Viene da uno dei più curiosi e avanzati uomini di fede (padre Antonio Spataro) e appare ineccepibile perfino nei termini della più diffusa religione contemporanea, quella del mercato, giacché porta l’offerta a colmare un vuoto laddove esisteva una domanda. Eppure.
Eppure noi che uomini di fede non siamo sentiamo in questo progetto qualcosa di stonato, come se ci avessero detto che il futuro di ‟predicare” è ‟io predicarò”, o meglio, ‟essi predicaranno”. C’è qualcosa che non funziona, vero? Ma che cosa?
Andiamo per esclusione. Non è certo il modernismo estremo dell’idea, proprio nel momento in cui si sente riparlare di messe in latino e si invoca un irrigidimento della forma nell’intento di ridare peso alla sostanza. Che possa convivere il nuovo con l’antico, il web con il verbum è sintomo di apertura mentale, dialettica, dinamismo, verrebbe perfino da dire di un qualche relativismo, se non nel messaggio nel mezzo (e se il mezzo è il messaggio, amen). Esistono già precedenti di un certo rilievo, come il sito www. verbumdomini. it, podcast dedicato alle lettura della messa secondo il rito romano scaricabile in file mp3. No, non è questo.
E non è neppure il fatto che si evochi, a legittimazione della presenza della Chiesa in Second Life, il fatto che già vi agiscano la Toyota, la General Motors e l’agenzia di stampa Reuters. Solo una colossale imprecisione giornalistica vieta ogni anno a ‟Fortune” di inserire il Vaticano tra le principali imprese economiche del mondo. E che così sia non appare peccato, giacchè ogni ‟battaglia per i cuori e le anime” necessita di finanziamenti e se poi viene combattuta senza l’uso della forza, verrebbe da dire vivaddio.
No, non è neppure questo.
E nemmeno è il luogo per destinazione di questa ‟missione”. In fondo Second Life è un terreno naturale per seminare i temi dello spirito. Difficile concepire una metafora più esplicita dell’altra vita. Ci siamo, ma senza l’ingombro del corpo, i lacci dell’identità, la minaccia della scadenza.
L’avatar è la cosa che, in maniera blasfema, più si avvicina al concetto di anima. Con una connessione a banda larga, diabolici black out esclusi, può essere senza esserci, anche quando non siamo. Esiste in un Altrove di misteri disvelati, giacchè lì sappiamo chi siamo, da dove veniamo e, mouse permettendo, perfino dove andiamo. Non è, dunque, nemmeno questo. Che cosa, allora?
E’quel termine: ‟missionari”. ‟Missionari” su Second Life. Nel nostro dizionario del senso e del rispetto i missionari sono persone che s’inoltrano nel folto delle Filippine e magari ci finiscono ostaggi. Portano il verbum nella scomoda e talora ferale landa di Trebisonda. Noi ci siamo inchinati davanti a Madre Teresa non per quel che diceva, ma perchè era andata a dirlo a Calcutta, e dopo averlo detto era rimasta lì a ripeterlo per tutta una vita, mentre chiunque altro, critici inclusi, al terzo giorno di miasmi sogna (e prenota) il rientro in business class. Pensiamo nella vita di ogni giorno che se qualcuno vuole conquistarci deve venirci a cercare, sorriderci, parlarci, non mandarci un sms al riparo di un numero anonimo. Se non sono più i tempi di Matteo Ricci che se ne andava in Cina sulle sue scarpe, sono ancora quelli in cui il valore di una parola si misura dallo sforzo del gesto che è costato pronunciarla. Magari non occorre attraversare un continente, ma almeno una strada, reale, per andare incontro a chi sta dall’altro lato. Siamo sommersi di messaggi, scegliamo a quali dare ascolto per il mezzo a cui si affidano. Il sacrificio pare più notevole di un clic.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …