Gian Antonio Stella: Una statua come a Rio per santificare la cattiva amministrazione

02 Agosto 2007
Lo zio d’America Domenico Scaglione, un orfanello che dopo aver lasciato il seminario era emigrato negli Usa fino a salire al vertice della Chase Manhattan Bank, ha deciso di fare un regalo a Partinico, il paesotto che gli diede i natali: un Cristo benedicente. Ma non un Cristo qualunque: una statua di bronzo enorme, alta venti metri più altri dieci di piedistallo, che svetterà sul colle Cesarò come il Cristo Redentore domina Rio de Janeiro. Dio solo sa quanto Partinico abbia bisogno di una benedizione celeste. Abbandonata al suo destino dagli uomini, infatti, si sta inabissando in una tale voragine di debiti da assurgere (scusate il gioco di parole) a simbolo di come non si deve amministrare. Basti dire che il municipio, come denuncia il sito Internet LiberaMente, è oggi il più indebitato di tutti gli 82 indebitati comuni della indebitata provincia di Palermo. Un ‟profondo rosso” così profondo che l’Enel ha già tagliato un paio di volte la luce alla biblioteca e ad altri uffici. Così disperato che la giunta, avendo già esaurito ogni centesimo del credito, non può neppure chiedere alla Cassa Depositi e Prestiti i soldi necessari a costruire la nuova caserma dei carabinieri. Caserma che, in una zona ad alta densità mafiosa a lungo dominata da Nené Geraci e poi dalla famiglia Vitale, sarebbe preziosa come una fontanella nel deserto libico-nubiano. A fare fronte a questa catastrofe c’è un sindaco della Margherita, Giuseppe Motisi, che nel maggio del 2005 fu clamorosamente eletto al ballottaggio (in una cittadina che alle regionali diede solo il 19% a Rita Borsellino) grazie a una devastante spaccatura dentro la destra. Aveva allora, per colpa della demenziale legge elettorale siciliana che consente a un sindaco di essere eletto senza avere la maggioranza del consiglio, 8 consiglieri dalla parte sua e 22 contro. Una pattuglia con cui era impossibile governare. E via via assottigliata dalla perdita di vari alleati finché, l’altro ieri, sul via libera a un mega-centro commerciale, Motisi che si opponeva ha perso altri due pezzi. Col risultato che da ieri fa il sindaco con 28 consiglieri contro su 30. Cose da pazzi, direte: perché sta ancora lì e non lo buttano giù? Misteri siciliani. Una delle spiegazioni, forse, è che il sindaco, costretto a fare i conti con quel dissesto da brividi, sta cercando di dare una sistemata alle cose prendendo di petto problemi che in tanti (troppi) non vogliono affrontare. Appena eletto, ad esempio, lo sventurato si è ritrovato con un buco di 5,56 milioni dovuto al fatto che l’amministrazione precedente di destra, guidata dall’azzurro Giuseppe Giordano, aveva fatto lavori mettendo alla voce ‟entrate” i crediti che aveva sul fronte dell’acqua. Peccato che dal ‘99, per motivi politici (si perdono voti, a far pagar la gente) il Comune non mandava neppure le bollette ai cittadini. Di più: non aggiornava da anni l’elenco dei clienti allacciati. Risultato: un buco di 14 milioni di euro di crediti non riscossi. E la scoperta di quasi 2 mila famiglie (una su cinque) che non avevano mai pagato un centesimo. Non bastasse, il baratro dei conti comunali che oggi la mini-giunta cerca di risanare spedendo finalmente tutte le bollette arretrate e recuperando l’Ici e i versamenti del condono edilizio massicciamente evasi (un milione di euro!) è aggravato dal peso di una macchina comunale elefantiaca arrivata due anni fa a 517 dipendenti: uno ogni 60 abitanti. Un mostro nella cui pancia 16 funzionari e dirigenti avevano visto crescere i loro stipendi, tra il 2003 e il 2005, del 270%: da 272 a 732 mila euro complessivi. In due anni. Un premio, evidentemente, alla buona amministrazione.

Gian Antonio Stella

Gian Antonio Stella è inviato ed editorialista del “Corriere della Sera”. Tra i suoi libri Schei, L’Orda, Negri, froci, giudei & co. e i romanzi Il Maestro magro, La bambina, …