Michele Serra: Tra politica e populismo

11 Settembre 2007
La cosa peggiore del "Vaffanculo Day" era il titolo, che dietro l’ammicco "comico" contiene tutta la colpevole vaghezza del populismo. (Vaffanculo, satiricamente parlando, è roba da Bagaglino, non da Beppe Grillo). Ma fermarsi alla crosta greve (e facile) non serve a capire, non aiuta a riflettere. Bisognerà, per esempio, ragionare un po’ meglio sul concetto di "antipolitica", alla luce del successo politico del raduno nazionale convocato dal cittadino Giuseppe Grillo in arte Beppe. Piazza Maggiore gremita per il comizio del leader, decine di altre piazze italiane con la gente in coda per firmare una proposta di legge di iniziativa popolare fatta da tre punti secchi secchi: no alla presenza di condannati in Parlamento, ineleggibilità dopo due legislature, elezione diretta di tutti i candidati. A cominciare dalla piazza piena, luogo simbolico per eccellenza di tutte le cause politiche, sbocco tradizionale di tutti gli umori che da individuali vogliono farsi pubblici, la giornata particolare di Beppe Grillo e dei suoi tanti compagni di avventura è difficilmente inquadrabile, nel male e nel bene, se non dentro il difficile momento politico e civile del Paese. Il manifesto di convocazione, nella sua indubitabile rozzezza (dire che "dal ‘43 a oggi in Italia non è cambiato niente" è, per dirla con Grillo, una notevole belinata), era di contenuto squisitamente politico. Almeno due dei tre punti in oggetto (negare ai condannati il diritto di rappresentare il popolo, impedire alle segreterie dei partiti di nominare di straforo i candidati senza passare attraverso il vaglio degli elettori) sono molto difficilmente liquidabili come "qualunquisti". Esprimono, al contrario, un’insofferenza per larga parte condivisibile e condivisa da milioni di italiani, molti dei quali (senza bisogno di vaffanculo) hanno appena fatto la coda per il referendum Segni contro questa indecorosa legge elettorale proprio perché non sopportano più il piglio castale e l’autoreferenzialità malata delle varie leadership di partito. E chiedono la partecipazione diretta dei cittadini alla scelta della propria classe dirigente. Più controverso il terzo punto, perché non è detto che congedare un ottimo politico dopo due sole legislature coincida con il miglioramento della qualità professionale della classe politica (anzi). Ma quello che lascia il segno, vedendo decine di migliaia di cittadini mobilitarsi attorno a Grillo, alle sue drastiche parole d’ordine, al suo ringhio esasperato, perfino alla sua presunzione di Unto dalla Rete, è constatare, piaccia o non piaccia, che un uomo famoso ma isolato, popolare ma ex televisivo, antimediatico suo malgrado o fors’anche per sua scelta, sia in grado di mobilitare una folla che molti dei piccoli partiti, pur radicatissimi nei telegiornali e sui giornali, neanche si sognano. La rappresentanza di Grillo e del suo blog, dopo la giornata di ieri, esce dal discusso limbo del virtuale e diventa così reale da riuscire a contendere spazio (anche nei telegiornali) alla poderosa, inamidata routine dell’informazione istituzionale. Va ricordato che ieri, mediaticamente parlando, non era una giornata facile per un outsider sbucato dal suo blog. C’erano i funerali di Pavarotti, moltissimo sport di sicuro impatto (Monza, il rugby, il calcio, il basket), e bucare la copertura mediatica, ritagliarsi uno spazio importante, irrompere nel dibattito non era facile. Grillo c’è riuscito facendo leva solo su Internet, sulla piazza virtuale nella quale ha da tempo installato il suo podio di artista e di polemista. E’come se una pura ipotesi numerica si fosse materializzata di prepotenza, come se la qualità sfuggente di un’assemblea virtuale fosse diventata quantità evidente. Questo costringe chi dubita della forza politica e culturale di Internet (compreso chi scrive) a rifare un po’di conti, perché la giornata di ieri, e questo Grillo lo sa, è soprattutto un colpo all’idea di onnipotenza della televisione, una breccia nel muro, un indizio non decisivo ma importante a favore del peso che la rete ha via via acquisito nel determinare orientamenti e scelte di massa. Di qui in poi, naturalmente, comincia il difficile, per Grillo e per il "suo" movimento. E’proprio la natura rudemente politica delle richieste messe in campo che non consente comode ritirate nel mugugno o nello sberleffo. Si può essere genericamente riottosi o anche furibondi nella critica, ma una volta che l’umore raggrumato attorno a un leader popolare si fa piazza, si fa raccolta di firme, si fa manifestazione da titolo di telegiornale, muta la natura stessa della mobilitazione. Una proposta di legge non è una pasquinata, non è un gesto dell’ombrello contro il Palazzo, è un passo avanti dentro l’agorà, una pubblica assunzione di responsabilità. Qui si misureranno il peso e il calibro di Grillo e del grillismo da un lato, e del "popolo dei blog" dall’altro: l’organizzazione del dissenso, la sua trasformazione in elemento di rottura e di rinnovamento, sono questioni che impegnano allo spasimo, dalla notte dei tempi, qualunque leader o partito o movimento, compresi molti di quei "professionisti della politica" che, per quanto casta o lobby o Palazzo, negli anni hanno via via dato voce a qualcosa di più che ai propri meri interessi personali. (Ed è proprio questa la debolezza di Grillo: l’indeterminato mugugno contro un "sistema" che contiene al suo interno diseguali responsabilità e diseguali idee rispetto agli assetti sociali, culturali, politici e istituzionali). In altre parole, la rappresentanza della politica tradizionale è in crisi, ma sostituirla con altra politica è il solo metodo accertato di "cambiare lo stato delle cose", come già sapevano e dicevano i vecchi rivoluzionari. Amici e detrattori di Grillo, da oggi, seguiranno con mutata attenzione le sue mosse. Già altri movimenti impetuosi (da quello pro-giudici ai tempi di Mani Pulite ai girotondi a infiniti e ricorrenti subbugli studenteschi) sono finiti in niente dopo avere riempito piazze e giornali e telegiornali. E’mancata, in quei casi, la capacità di trasformare in peso politico l’investitura popolare. Anche in questo caso non resta che aspettare. Cominciando, intanto, a prendere atto di una giornata non consueta, non facilmente incasellabile.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …