"Erano trent’anni che l’aspettavo". La reazione di Doris Lessing al Nobel

12 Ottobre 2007
In una stradina alberata di Hampstead, il quartiere dello ‟champagne socialism”, versione londinese del radical-chic, popolato di artisti, scrittori, intellettuali di sinistra, arriva un panciuto taxi nero. Ne discende, con qualche disagio reso comprensibile dai suoi 87 anni, una vecchietta in giacca indiana, gonna di jeans, immancabile sciarpa rossa, sandali senza calze e in mano la sporta della spesa, da cui spunta un mazzo di carciofi.
Ad aspettarla al suo rientro dallo shopping, davanti alla porta di casa, trova un’orda di giornalisti, fotografi, cameramen: teoricamente dovrebbe essere un indizio sufficiente, visto il giorno in cui succede, a farle capire di cosa si tratta. Ma lei sembra genuinamente sorpresa. Signora Lessing, le dice uno dei cronisti, ha sentito la notizia? ‟No”. Ha appena vinto il premio Nobel per la letteratura. ‟Cristo”, si lascia scappar detto la neolaureata. E come si sente? ‟Non potrei essere più contenta”.
Pausa. ‟Erano trent’anni che lo aspettavo. La gente che non ha sentito parlare di me, adesso, andrà a comprare i miei libri. È una bella cosa, guadagnerò un po’ di soldi”. Altra pausa, durante la quale è raggiunta dal figlio, sceso anche lui dal taxi.
‟Dev’essere morto quell’accademico”, scherza il figlio. I giornalisti si fanno più vicini. ‟Una volta, a una cena molto, molto formale in Svezia”, spiega divertita la scrittrice, ‟venne al mio tavolo un alto dignitario collegato al Nobel e mi disse che il premio, io, non l’avrei mai vinto. Cosa avrei dovuto rispondergli? "Oh, caro, mi dispiace così tanto, perché non vi piaccio?" Potete immaginarvi la sfacciataggine? Spero che le loro maniere, da allora, siano migliorate”.
Le chiedono di Alfred and Emily, il suo ultimo romanzo: ‟È un libro contro la guerra, dedicato ai miei genitori, alle loro vite rovinate dalla prima guerra mondiale”, risponde. ‟Spero che qualcosa possa cambiare nella testa di chi ci governa, qualcosa che impedisca tutte le guerre, ovunque, perché noi anziani, che le abbiamo vissute, sappiamo cosa sono, e voi no”. Le domandano se il Nobel è il premio più ambito: ‟Ho vinto ogni premio che c’è in Europa, ogni dannato premio. E con questo sono deliziata di averli vinti davvero tutti, l’intera collezione. Ho fatto scala reale”.
L’ultima domanda è se lei, paladina della sinistra e del pacifismo, rifiuterebbe il Nobel per ragioni politiche: ‟Non ci avevo pensato. Credete che dovrei? Ci penserò seriamente, ora, va bene?”, dopodiché la vincitrice s’infila nella porta e scompare all’interno, seguita dal figlio, per cominciare a rispondere alle telefonate di congratulazioni che le arrivano da tutto il mondo.
‟Quando è arrivato l’annuncio da Stoccolma”, conferma più tardi la sua agenzia letteraria, Jonathan Clowes, ‟Doris non ne sapeva niente, era fuori a fare la spesa”. E non era raggiungibile sul telefonino, che preferisce non utilizzare. ‟È un riconoscimento assolutamente meritato, ne siamo felici”, aggiunge l’agenzia.
‟Doris è stata un’icona delle donne e del femminismo per tutta la vita”, esulta Jane Friedman, presidente esecutivo di HarperCollins, la sua casa editrice, ricordando che la Lessing è l’undicesima scrittrice a vincere il Nobel dalla creazione del premio nel 1901. Felice, per lei e con lei, è un po’ tutto il mondo delle lettere britannico, che celebra la seconda assegnazione del Nobel a uno scrittore del Regno Unito in tre anni, dopo la vittoria del commediografo Harold Pinter nel 2005.
E, con i suoi 87 anni, notano i critici inglesi, Doris Lessing è anche l’autore più anziano insignito del Nobel per letteratura nella storia del premio. Molte ragioni per festeggiare, ieri sera, ad Hampstead. Magari con una cena ai carciofi.

Doris Lessing

Doris Lessing (1919-2013) è nata a Kermanshah, in Iran, e ha vissuto fino a trent’anni in Zimbabwe (allora Rhodesia). Nel 1949 si è definitivamente trasferita in Inghilterra. Feltrinelli ha pubblicato: …