Giorgio Bocca: Miracolo democratico

27 Novembre 2007
Periodicamente la democrazia viene a noia ai fortunati che ci vivono. L'ondata antidemocratica più violenta percorse l'Europa verso il 1930, in occasione della crisi economica e del periodo di fortuna del fascismo. Si moltiplicarono le invettive, le critiche: il laburista Harold Lasky, gli scrittori Thomas S. Eliot, George Bernard Shaw per i quali la democrazia parlamentare era diventata sinonimo di menzogna, debolezza, mediocrità, compromesso, bassezza. Poi ci pensarono Hitler, i nazisti e Stalin, con il comunismo sovietico, a far ritornare l'amore per la democrazia, a farla accettare come 'il minore dei mali' o, come diceva Churchill, "un errore, ma trovatemi qualcosa di meglio". Resta però da chiedersi come mai la democrazia non riesca mai a liberarsi di debolezze e di errori elementari. Poniamoci alcuni perché.
Perché la democrazia italiana ha accettato l'idea, plebea più che populista, di un'edilizia imposta e diretta da capomastri ladri, da geometri ignoranti, dagli immigrati in cerca di 'pane' e da speculatori?
Perché l'edilizia italiana, l'urbanistica italiana, non potevano essere dirette dagli architetti e dagli urbanisti?
Perché la democrazia finge di ignorare che esistono situazioni eccezionali che impongono dittature temporanee e task force?
Perché deve aspettare sempre che un generale Dalla Chiesa venga ucciso prima di dare pieni poteri a un suo successore?
Perché ogni comune può impedire la costruzione di una centrale elettrica o di una linea ad alta velocità, cioè opere d'interesse nazionale e internazionale?
Perché in tutte le zone autonome l'elettoralismo delega a dei montanari appena usciti da una vita provinciale e populistica di gestire tutte le trasformazioni della modernità?
Perché le leggi sono sempre utopiche, e mai rivedibili ai lumi della ragion pratica? Perché magistrati, onorevoli, giornalisti, moralisti, continuano a baloccarsi con le favolette costituzionali del diritto al lavoro, alla casa, alla salute e persino alla felicità, quando la realtà di ogni giorno dimostra per l'appunto che sono dei nobili intenti e dei desideri?
Perché si sono fatte discussioni interminabili per una questione di comune educazione civile come quella di consentire ai Savoia di tornare in Italia?
Perché non si riforma la partitocrazia, almeno per decidere che non tocca ai partiti decidere di tutto e di tutti?
Perché un qualsiasi municipio può opporsi alla costituzione di amministrazioni multicomunali che nelle zone metropolitane sono un'evidente necessità?
Perché bisogna sempre, ad ogni costo, tessere l'elogio del proletariato e mettere all'indice Céline, anche se la definizione di Céline "il proletariato è un borghese fallito" appare inaccettabile?
Tutte queste domande appaiono gratuite in un periodo in cui la vita politica italiana e il modo di governare appartengono a una confusione sistematica e continua, per cui non c'è dichiarazione di un ministro o di un sindacalista che non sia immediatamente smentita o corretta secondo le convenienze personali.
C'è da chiedersi cosa mai sia questo miracolo di società complesse e complicate che pure riescono a sopravvivere e a consolidarsi. Come è possibile, ci si chiede, che un'economia come quella italiana, condizionata al 60 per cento dalle organizzazioni mafiose, possa sopravvivere e per certi aspetti fiorire? Come è possibile che questa organizzazione caotica che noi chiamiamo Stato continui, bene o male, a consentire una civile coesistenza?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …