Giorgio Bocca: Un mondo da paura

19 Giugno 2009
La fine del mondo, il catastrofismo, l'eterna paura umana invano curata con miracoli, scongiuri, capri espiatori, sacrifici umani e animali ritorna nel linguaggio della crisi economica. 'Crolla il Pil', titolano i giornali per una diminuzione del quattro o del cinque per cento rispetto all'anno precedente. Crolla il Pil per dire il nostro modo di vivere, con cibo abbondante e poca fatica raggiunto dopo millenni di fame e di freddo.
Che cosa va a rotoli, che cosa scompare realmente con il quattro per cento in meno? Come se fossimo alla fine del mondo prevista dagli astronomi Maya per il 2012. Paura della miseria, anche se le agenzie viaggi sono assediate dalle prenotazioni e le strade piene di automobili? "La crisi non è finita, ma il crollo finanziario è alle spalle", dicono per confortarci, e viene raccontato come un miracolo che gli Stati sono intervenuti per finanziare le banche che stavano per fallire.
Perché? Per il ritorno delle sette piaghe mandate sull'Egitto dal Signore? Per la glaciazione o l'incendio del pianeta? No, perché i banchieri avevano voluto guadagnare prima cento, poi mille, poi, come il re Mida, trasformare in oro la carta straccia, incoraggiando i clienti a indebitarsi, a comprare case senza avere i soldi, a spendere e spandere.
"La crisi continua, ma il peggio è passato", dicono giornali e televisioni. Come fosse un miracolo, da suonar le campane come per la fine della peste. "La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura", disse Franklin Delano Roosevelt, il presidente americano eletto dopo la grande crisi del '29, e le sue parole risuonarono in tutti i mezzi d'informazione della Terra, negli Stati Uniti come in Cina.
E gli scampati si raccontano compiaciuti che l'unico a finire al tappeto, l'unico knock-down è la piccola Islanda, che a ben guardare resta uno dei paesi più ricchi del mondo con riserve di gas, sorgenti di acqua bollenti, mare pieno zeppo di pesci, e così pochi gli abitanti che sulla carta geografica anche la fattoria di una famiglia è segnata come fosse un paese.
La paura è il nostro peggior nemico? Sì, ma sacrosanta, motivatissima e normale, perché, come si dice, 'la paura fa novanta' e 'il coraggio, se uno non l'ha non può darselo'. Dominati dalla paura ma non per capriccio, per delle buonissime ragioni, a cominciare da quella fregatura delle fregature della creazione che è la morte, così incomprensibile che abbiamo dovuto inventare i miti della resurrezione o della reincarnazione.
E tutto ciò che chiamiamo progresso è riassumibile in uno sviluppo perenne, senza misura, una meta impossibile e per giunta spaventosa, perché l'immortalità a cui miriamo è in pratica terrorizzante. O troviamo nuovi improbabili mondi, o arriviamo alla caccia ai vecchi e ammalati come nel racconto di Dino Buzzati.
"Non abbiate paura", esortano i governanti, ma come si fa a non aver paura, dato quello che accade sotto i nostri occhi? Ci abbiamo messo qualche migliaio di anni per fare una prova di socialismo ed è subito fallita con i gulag staliniani. Ci stiamo riprovando con la modernizzazione, come la chiamano, con la tecnica, ma non c'è essere pensante che non veda la sua fragilità. L'unico sistema escogitato per non prendere atto delle stragi umane che ogni giorno si compiono sulle strade e nei luoghi di lavoro è di ignorarle. L'unico modo per non vedere le nuove invasioni barbariche è quello di affondare i barconi degli emigranti.
Paura? Sì, moltissima.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …