Giorgio Bocca: La voglia di farla franca

02 Ottobre 2009
Ogni giorno dal mondo arriva uno tsunami d'informazioni, spesso ripetitive, in quantità soffocante. A maggioranza misfatti e peccati mortali dei nostri simili, sicché la persuasione di essere uno dei loro, non sai se più malvagio o stupido, aumenta con perenne sgradevolezza. La ripetizione inesauribile del male o della stupidità, la loro onnipresenza è disperante.
Alcuni dittatori come Mussolini credettero di risolvere il problema abolendo la cronaca nera, ma invano. I banditi assassini di cui giornali e radio tacevano, passavano egualmente nei vicoli delle nostre vecchie città. Ciò che affligge e spaventa di questa inarrestabile tendenza al male è che essa non è subita, ma cercata con pazienza e abilità e fertile immaginazione. Ogni giorno si ha notizia di concittadini che si sono clandestinamente associati per frodare il prossimo, spesso inteso come fisco. Truffe complicatissime, con difficile alterazione di registri e di bollette, con pazienti e lunghe fatiche per fabbricare falsi e abusi. Ciò che spaventa nella criminalità globale e trionfante è che essa non è un lavoro qualsiasi, penoso, ma un lavoro che piace.
Prendiamo la recente campagna di stampa promossa dagli amici di Berlusconi in risposta agli attacchi dei suoi nemici. Colpisce non tanto la sua virulenza, quanto il compiacimento dei suoi autori, il compiacimento di chi ferisce che cresce a misura del dolore inferto: non solo accuse infamanti, ma spesso inventate, ingrandite con allusioni e ammiccamenti e documenti falsi. Si sono divertiti un mondo quelli che hanno fatto a pezzi l'innocuo dottor Boffo, direttore dell''Avvenire', a rovina della vita sua e della sua famiglia.
La delinquenza non è un lavorio penoso, si lega quasi sempre a una voglia di gioco infantile che resta negli anziani, il gioco di 'farla franca' con astuzie e raggiri, il gioco dei nascondigli e dei fortilizi. Quasi ogni giorno la televisione scopre qualche covo mafioso o camorrista ricavato in un sottoscala o dietro un muro posticcio, arredato con il gusto di un adolescente: il frigorifero, la televisione, l'immagine di padre Pio, il passaggio sotterraneo di fuga, roba che un geometra prima dei poliziotti scoprirebbe subito. Rifugi segreti che non hanno mai evitato la cattura, eppure voluti da quasi tutti i grandi latitanti.
Sulla collina di Reggio Calabria c'erano, e probabilmente ci sono ancora, decine di ville fortilizio dei boss della 'ndrangheta, coi muri alti di cinta, allarmi televisivi funzionanti giorno e notte, camere blindate, gallerie, riserve alimentari. A Palermo l'ingresso di casa Inzerillo era una scaletta ripida che finiva in una garitta di cemento con feritoie da cui sparare su poliziotti e rivali. E i Giuliano di Napoli li ricordate? Avevano il loro covo in un vicolo e per rifornirsi calavano un cestino in strada che uno della cosca, un parente, riforniva.
Solo la voglia di giocare al 'farla franca' può spingere le centinaia, le migliaia di persone arrestate ogni giorno dalla polizia, ma in parte subito rilasciate per evitare lo scoppio del sistema carcerario. E siccome le televisioni hanno fame inesausta di immagini e la polizia le fornisce quelle degli arrestati, l'informazione di routine consiste in questa soffocante esibizione della gaglioffaggine generale, stupida e quasi sempre modesta: reati da quattro soldi, ridicole speranze di ricchezza.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …