"Il mammo? Una figura inutile". Intervista a Cristina Comencini

02 Novembre 2009
‟L'amore fa male”, recita lo slogan con cui la Feltrinelli ha deciso di lanciare (con giusta convinzione) Quando la notte, il nuovo libro di Cristina Comencini. Fa male (nel senso che non sa che cosa si perde) chi non ama, penso, quando dopo aver trascorso la mattinata con lei, esco da casa della Comencini. Ma procediamo con calma: e, soprattutto, intendiamoci sulle parole. Perché ce n'è una (quella lì) che stavolta la Comencini non scrive mai.
‟C'è talmente tanto amore in questo libro, che non nominarlo mi sembrava un atto dovuto” spiega. Non ha bisogno di prenderla larga ed è subito vera: proprio come la storia fra la sulfurea Marina e il ruvido Manfred che racconta. ‟I miei protagonisti rappresentano un uomo e una donna ancestrali” - continua – ‟Manfred costruisce la sua personalità sull'abbandono che da bambino ha subito dalla madre: metaforicamente, è l'esatto percorso che compie il desiderio maschile, quando si forma. Marina è un distillato di femminilità, nei suoi lati luminosi e in quelli più oscuri. Le piace ballare, è una seduttrice inconsapevole ed è irrimediabilmente attratta dal mondo degli uomini. Nello stesso tempo però vive tutte le contraddizioni di una giovane madre, spaventata dai sentimenti all'apparenza inconciliabili con cui suo figlio la obbliga a confrontarsi”.
Ma che ne è, oggi, di quest'uomo e questa donna ancestrali?
‟È come se i nostri tempi li avessero banditi.”
La Comencini sembra ragionare a voce alta per cercare insieme a chi le è di fronte la soluzione: e in questo ricorda davvero la sua Marina. ‟Non lo so che cosa è successo. Ma di sicuro i confini che separavano l'identità maschile da quella femminile e che dunque assicuravano a entrambe dei contorni forti, seppure sofferti, oggi sono in una fase transitoria di ridefinizione”.
E il discorso si fa ancora più delicato quando in una coppia arriva un figlio. ‟Certo. Il legame di una madre e di un figlio è totale. L'uomo, oggi, è già fragile di per sè e può rimanere traumatizzato di fronte a un'unione così totale, da cui si sente escluso: senza capire che è proprio in quel momento che la donna ha più bisogno di lui”.
E non per cambiare i pannolini o per andare a fare la spesa: Cristina Comencini è troppo radicale nel suo essere in contatto col profondo, per riferirsi a questo tipo di bisogni.
‟Non è trasformandosi in un mammo che un padre dovrebbe risolvere il suo istantaneo senso d'inadeguatezza. Quello che desidera una donna, quando diventa madre, è che il suo uomo rimanga fedele a se stesso, che non scompaia, ma anzi, rimanga più che mai saldo alla sua virilità, per darle un limite alla potenza assoluta con cui l'amore per un figlio ti investe”.
Siamo sempre lì: a quanto sia necessario mettere in conto di farsi male, quando ci si vuole bene. Tanto che ‟Amore, desiderio: chi ci crede?” si domanda, a un certo punto, Marina, che certamente dipende ma è sfiancata dall'energia che lo scambio con gli altri, quando è reale, comporta. Giro la domanda a Cristina.
‟Io: si risponde Marina. Sono io che ci credo. E non posso che dichiararmi d'accordo con lei. Se questa benedetta parola di cinque lettere, innominabile dov'è onnipresente, significa qualcosa, per me quel qualcosa riguarda la violenza con cui ci mette in contatto con zone di noi che fino a quel momento non conoscevamo. Che sia fra genitori e figli o fra uomini e donne, se le relazioni nascono da questo presupposto (che è un presupposto irrazionale, naturalmente) sono in eterno movimento: e la loro durata è garantita”.
Ti senti dunque di poter sfatare anche il mito che vuole la passione impossibile da coniugare alle responsabilità che sopraggiungono con la costruzione di un nucleo familiare? (Lo chiedo a una donna che ha un marito, tre figli e cinque nipoti: nell'infinità di cose e di persone che la interessano, e per cui mentre parla ti trasmette l'entusiasmo, niente e nessuno sembra però capace di coinvolgerla quanto i componenti della sua tribù). E infatti, sicura, risponde:
‟Certo che quel mito va sfatato. La passione, quando è all'origine di un incontro, testimonia la sua necessità: è qualcosa d'indelebile. Prendi Manfred e Marina: hanno un unico rapporto sessuale, eppure sembra che siano nudi, uno di fronte all'altra, dall'inizio alla fine. Il vero erotismo si misura in una serata dove improvvisamente ti ritrovi a fare l'amore come fosse la prima volta, o nella complicità di uno sguardo fra chi si conosce bene anche attraverso il dolore che si è procurato a vicenda, nel piacere sincero di fare qualcosa insieme, nella curiosità interminabile per una persona”.
Appunto: non sa che cosa si perde, chi non prova quella cosa indicibile lì.

Cristina Comencini

Cristina Comencini nasce a Roma nel 1956. Figlia del regista Luigi Comencini e madre di Carlo, Giulia e Luigi, esordisce al cinema come attrice nel 1969, diretta dal padre in …