Bhagavadgita

La Gītā, conosciuta anche come Bhagavadgītopanisad, è un grande classico della spiritualità. Si tratta di un poema dialogato di settecento versi, in diciotto canti corrispondenti ai capitoli XXV-XLII del sesto libro dell'epopea sulla battaglia tra Pandava e Kaurava narrata nel Mahābhārata. Il testo tradisce influenze diverse e non si può stabilire una datazione precisa, anche se si può ipotizzare il II o I sec. a.C. La Gītā occupa un posto centrale nel pensiero indiano ed è considerata un libro sacro, come i Veda e le Upanisad. Ha il valore di un messaggio universale, in quanto parla delle lotte interiori ed esteriori dell'esistenza umana e illumina il mistero della vita. In essa si svolge il dialogo tra un uomo e un dio: tra il principe Arjuna, ufficialmente figlio di Pāndu, in realtà figlio del dio Indra, e il suo auriga Krsna, che gli si rivela come dio e mostra come tutto, compresa la guerra intestina che Arjuna deve combattere, faccia parte di un disegno cosmico divino. Una delle caratteristiche più importanti di tutto il testo resta l'importanza attribuita allo yoga, l'unificazione dei sensi e del pensiero. Tramite il raccoglimento e i procedimenti classici dello yoga si raggiungono la concentrazione e la chiara visione della realtà, e quindi la devozione che consente di raggiungere la liberazione. La Bhagavadgītā è espressione infatti dell'equilibrio tra adorazione fiduciosa del fedele e benevolenza della divinità. Dopo una serie di considerazioni filosofiche l'opera si conclude poi ritornando alla grande epopea, con Arjuna illuminato da questo insegnamento e pronto alla lotta.
Questa edizione della Bhagavadgītā è stata pubblicata per la prima volta da Adelphi nel 1976.
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