Fiasco

di Imre Kertész

14,72 € 15,50 € -5%
L’incipit del romanzo presenta un uomo – il vecchio, che non è tale anagraficamente, come verremo a sapere – nell’atto di riflettere, in piedi davanti a un secrétaire. Evoca la situazione in cui nasce il romanzo: c’è infatti uno scrittore che deve scrivere un libro, Fiasco, che leggeremo mentre prende forma sui fogli nella macchina da scrivere. La prima parte dell’opera racconta gli sforzi immani per iniziare: chiuso in un minuscolo appartamento di un quartiere popolare di una città che potrebbe essere Budapest, il vecchio fissa la sua attenzione su ogni oggetto, descritto con minuzia, per penetrare il dettaglio più nascosto ma anche per scardinare la tecnica della rappresentazione realistica. Ma ogni tentativo di descrizione sfocia in un fiasco. Il fiasco è sempre in agguato, nei rapporti con le cose e con gli uomini.
Il romanzo contenuto nel romanzo inizia con un viaggio, anzi con un arrivo. Köves (che chiaramente richiama il personaggio di Essere senza destino) ha lasciato Budapest e sta per giungere in una città che non conosce. Le autorità gli consegnano un documento che rappresenta un’identità provvisoria di cui Köves si appropria quasi inavvertitamente, giorno dopo giorno, con la complicità degli altri. Entra in confidenza con tutti e contempla da vicino il loro fallimento. In una città dominata dal terrore e dalla paura di essere deportati (è chiara l’allusione al regime di Rákosi, che ha segnato un’epoca di vero terrore stalinista nella storia dell’Ungheria tra il 1948 e il 1953), incontra i residui di un’umanità che aveva avuto dei sogni, delle aspirazioni e che, adesso, deve accettare il grigiore di una realtà oppressiva in cui nessuno può realizzarsi. Köves cerca invece il suo successo: nell’amicizia, nell’amore, nel lavoro ma giunge immediato il disinganno e il fallimento. Così è anche per il vecchio che riappare, nell’ultimo capitolo, a chiudere la "storia nella storia" del romanzo.
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Imre Kertész

Imre Kertész (1929-2016), nato a Budapest, è stato deportato nel 1944 ad Auschwitz e liberato a Buchenwald nel 1945. Tornato in Ungheria nel 1948, ha lavorato prima come giornalista, poi …

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  • Marchio: FELTRINELLI
  • Data d’uscita: 5 Settembre 2003
  • Collana: I Narratori
  • Pagine: 283
  • Prezzo: 14,72 €
  • ISBN: 9788807016424
  • Genere: Narrativa
  • Traduttore: Antonio Sciacovelli
Paolo Petroni/Ansa:  Fiasco. Imre Kertész e la libertà del coraggio

Paolo Petroni/Ansa: Fiasco. Imre Kertész e la libertà del coraggio

Un gioco di rimandi, di rispecchiamenti, lega questo nuovo romanzo del Nobel ungherese Imre Kertész, intitolato Fiasco con il suo più celebre e precedente Essere senza destino.
La voce dei sopravvissuti

La voce dei sopravvissuti

"Vieni dalla Germania, giovanotto?".
"Sì."
"Dal campo di concentramento?"
"Naturale."
"Da quale?"
"Da quello di Buchenwald."

Intervista a Kertész: ‟Dopo il Nobel ricomincio da Fiasco”

Pur essendo amici d'antica data, dall'ottobre dello scorso anno non ho più provato a parlare con Imre Kertész, scrittore ungherese premio Nobel per la letteratura 2002. Immaginavo che fosse preso d'assalto con richieste di interviste, di partecipazione a convegni, incontri, festival. È stato effettivamente così. Però, dopo questi mesi, in vista dell'uscita di un suo secondo libro in Italia, mi sono fatto vivo con lui. L'ho rintracciato in una località di vacanza, in montagna, in Svizzera e abbiamo avuto una lunga conversazione, costellata di allegre risate e di un tono pacato, benigno,abituale per quest'uomo di 74 anni che ha attraversato uscendone indenne, le maggiori tragedie del ventesimo secolo.

Intervista a Kertész: «Questa democrazia così assurda»

Imre Kertész, premio Nobel per la Letteratura 2002, arriva al Festivaletteratura accompagnato da Magda, la donna che ha sposato in seconde nozze dopo essere rimasto vedovo. Bionda, abbondante, ridente, Magda Kertész racconta di essere un’organizzatrice professionale di eventi culturali e di aver dovuto mettere negli ultimi undici mesi questo mestiere al servizio della causa coniugale: sostenere il marito, uomo cresciuto sotto due totalitarismi, il nazismo e lo stalinismo, e vissuto nel culto del proprio anonimato come sola garanzia di libertà interiore, nella necessità di darsi d’ora in poi in pasto ai mass media, in quanto "scrittore d’improvviso rivelato a tutto il mondo". È, questa, la ancora sbalordita formula con cui Imre Kertész si definì a dicembre scorso ricevendo il premio dagli Accademici di Svezia: per quarant’anni, dal ’51, l’anno in cui lasciò il lavoro di giornalista, si era mantenuto nella sua oscurità di traduttore di Nietzsche, Wittgenstein, Canetti, Freud, Roth, Schnitzler. Lavoro oscuro ma svolto con gioia perché, racconta, "rendere in ungherese le frasi di Roth, che sono frecce puntate verso l’alto, è come riscriverne la musica". Disse assai di più, lì a Stoccolma, nella sua "Lettura": "Non è facile essere un’eccezione e pensare a quanti sono morti senza avere visto la misericordia". I morti, cioè, di Auschwitz e a Buchenwald, i due lager nei quali, di famiglia ebrea, spese i mesi tra il 1944 e il 1945. Con caustica ironia, Kertész riassume così la propria parabola: "Mentre ci trasportavano nei vagoni piombati non ci dicevano che il contratto prevedeva, alla fine, il premio Nobel. Ma la vita è assurda e quest’assurdo bisogna saperlo accettare: accettare che ti vogliano ammazzare e, poi, che ci sia gente che abbia voglia di ascoltare in che modo ti volevano ammazzare". Feltrinelli ha pubblica Fiasco, secondo capitolo della trilogia uscita in Ungheria tra il 1975 e il 1990, che si conclude con Kaddish per un bambino mai nato: tre romanzi lega ti da un personaggio comune, György Köves. E l’essere qui, col panama bianco in testa e scarpe comode da jogging ai piedi, al braccio della sua Magda, nonostante l’accoglienza soleggiata che gli fa Mantova sembra far parte, per Imre Kertész, di un nuovo, ostico, copione post-Nobel.