Mi chiamo Said

di Brigitte Smadja

 A Said, ragazzino francese che tutti vedono come arabo, piacevano i lavori fatti con cura, la lingua francese e le sue sfumature, i dizionari, la bellezza in tutte le sue forme. Gli piaceva essere un bravo alunno. Ma questo era prima di arrivare alle scuole medie, dove invece trova il razzismo e l’odio di chi vuole distruggere tutte le cose belle. Said allora cambia. Non è che non voglia più impegnarsi, è che gli mancano le forze. Sa che da solo non può farcela e allora si aggrappa a quello che può aiutarlo: una passeggiata a Parigi al Musée d’Orsay, un quadro che rappresenta fiori bianchi su un fondo nero, il suo amico Antoine, innamorato della cultura, il carattere di un professore che somiglia al Tom Cruise di Mission: Impossible
Ma salvare Said non è una missione impossibile, piuttosto è un dovere che abbiamo tutti nei confronti degli adolescenti smarriti, qualunque sia il loro nome.

C’è di peggio che essere vittime dei bulli a scuola? Sì, se il loro capo è tuo fratello... Il diario di un bambino francese di nome Said alle prese con il terribile primo anno delle scuole medie.

“Oggi vado alla scuola media Camille Claudel. Siamo in milleduecento alunni e io sono piccolo piccolo, proprio per niente grande, il più piccolo della classe, il più piccolo in assoluto. Dal primo giorno sento come una minaccia invisibile, che mi spia.”

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Brigitte Smadja

Brigitte Smadja è nata a Tunisi nel 1955. Laureata alla Scuola Normale Superiore di Parigi, insegna alla Scuola Superiore di Arti Applicate. È autrice di un’opera teatrale e di oltre …

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