Il lavoro di spionaggio legale è affidato a società private che ottengono un contratto con Procure e forze dell’ordine. Nell’affare - perché è un vero affare - si inseriscono strani investigatori privati, con nuove e vecchie amicizie nei servizi segreti.
La scomparsa di Milosevic può far precipitare la situazione. Non è improbabile che l'Occidente colga l'occasione per dare la spinta definitiva al processo di separazione del Kosovo (e poi del Montenegro). Verso il definitivo collasso di quel che rimane.
L'Aiea chiede all'Iran di tornare a sospendere le sue attività per l'arricchimento e riciclaggio dell'uranio, inclusa la ricerca, fino a quando non avrà chiarito i punti che restano ambigui nelle passate attività nucleari iraniane.
Questa campagna elettorale, per molti aspetti avara di contenuti programmatici, torna a interpellare gli italiani su quale giudizio esprimere nei confronti della comunità omosessuale.
Gli islamici: inaccettabile il suo piano per i confini d’Israele. Il premier dello Stato ebraico vuole annettere le tre grandi colonie in Cisgiordania.
La caduta di Epurator, che per la Regione rinunciò alle battute. Amante delle frasi a effetto (‟Il cazzotto aiuta l’idea”), fu bacchettato da una nobile ‟nera”: caro, sei troppo moderato.
Non c’è solo l’Italia di Calderoli. Uno dei pochi lasciti positivi del governo di centrodestra - l’istituzione della Consulta islamica - già mostra la possibile vitalità della sua funzione e già attiva conseguenze virtuose. E comunque fertili.
Tipica storia di spie all’italiana, ma questa volta con una gran brutta novità, anche per un Paese come questo: lo spionaggio è politico, e sono candidati alle elezioni (le regionali di un anno fa) gli spiati.
Se l'Italia fosse un paese laico abolirebbe l'ora di religione. Non solo non lo farà ma potrebbe introdurre anche l'insegnamento della religione islamica. Una questione di ‟par condicio”.
In una surreale atmosfera di déja vu, di replica di un tragico film già visto tre anni or sono, l’amministrazione Bush, l’Europa, le Nazioni Unite stanno apparentemente rimettendo in scena il copione della guerra in Iraq per applicarlo all’Iran.
Frammenti di vita, pezzi di storia, nomi nuovi che riemergono come un appello postumo dopo 60 anni, dal dossier del governo sloveno sulle deportazioni senza ritorno del maggio 45 nella Venezia Giulia.
Via via che gli anni passano, attorno all’8 marzo mi si addensa un agglomerato di rabbia impotente che non lascia alcuno spazio a festeggiamenti, e nemmeno alle cene allegramente separate che per molto tempo hanno connotato le donne italiane, e anche me.
Vive e lavora a Roma, viene da un paesino del Sud, ha ventotto anni, si è laureato da tre, guadagna mille euro al mese grazie a un contratto semestrale fin qui prorogato tre volte. Ci ha fatto da guida nella nuova terra creata dal lavoro flessibile.
Parla Mohammad Reza Khatami, leader dei riformatori e fratello dell’ex presidente iraniano. ‟All’estero parliamo con gli europei, con i governi. Ma in Iran non abbiamo i mezzi, i giornali sono controllati rigorosamente”.
Funzionari sottoposti alla macchina della verità, proposte di leggi severe sulla rivelazione di segreti. Il direttore del New York Times” Bill Keller: ‟la Casa Bianca dichiara guerra in casa ai valori che dice di voler esportare”.