In patria lo hanno soprannominato il duca d’Azzardo, non per come va a cavallo o gioca a carte, ma per i problemi che provoca quando apre la bocca. Le gaffes del principe Filippo, duca di Edimburgo e marito della regina Elisabetta, sono famose.
La cultura democratica dell’intervento umanitario è, nella sinistra italiana, patrimonio di minoranze intellettuali. Havel, Michnick, il Nobel per la pace Ramos Horta, Berman, Walzer, Buruma, Ignatieff, non hanno seguaci numerosi.
Benedetto XVI, di fronte ai cancelli di Auschwitz e Birkenau, ha usato due sole volte la parola che rappresenta il destino assegnato dai nazisti agli Ebrei, la Shoah. Ha nominato Stalin fra i mali del mondo. Non ha mai nominato Hitler.
Pare che Prodi, capo del centrosinistra, non sia stato portato in trionfo dai confindustriali. Pare che la quota più consistente del padronato italiano sia di destra. Pare che gli imprenditori chiedano agevolazioni fiscali per le imprese
Leggendo l’intervento di Stefano Rodotà contro l’onnipresenza dei politici in televisione, mi sono consolato. Anche un autorevolissimo studioso come lui suffraga la mia impressione di cittadino generico
Dalla seconda Intifada e dal blocco delle frontiere almeno 150 mila palestinesi che andavano a lavorare in Israele sono rimasti disoccupati. E mentre Tel Aviv importa lavoratori da altri paesi, Gaza e la West bank sono alla fame.
Dan Brown è un profondo conoscitore della società e della cultura italiana. Ma ora dall’Italia arriva la risposta al suo best-seller: il Codice Prodi, assai più complicato e misterioso del suo Codice da Vinci.
Secondo l'‟Economist”, Nadeem Aslam, il giovane autore pakistano emigrato con la famiglia in Inghilterra nel 1980, stia sfidando il destino e andando incontro a una fatwa simile a quella che colpì Salman Rushdie.
Fantasia al potere. E visto che il potere, qui al Giro, è sempre più nelle salde mani di quello che già da piccolo chiamavano Ivan il Terribile, la fantasia sulle strade verso Brescia è materia per ‟bassisti”
Giro d’Italia, d’accordo, ma è un Giro international. I corridori italiani, in partenza, erano solo 48 su 198 ciclisti. E dall’89 non c’erano tante vittorie straniere: l’australiano McEwen tre volte, i tedeschi Schumacher e Ullrich, il belga Verbrugghe, i
‟Si vedeva subito che andavo forte”. Era il 66 e Gianni Motta era il nuovo che avanzava nell’Italia del boom. E lui quarant’anni fa sui pedali avanzava di brutto. Vinse il Giro con il ginocchio sinistro distrutto l’anno prima per un incidente
Alla fine, il pianto era prevedibile, a giudicare dal malumore che Damiano Cunego, sin dal mattino, non riusciva proprio a nascondere, nonostante gli occhialoni scuri. ‟Ti posso prendere la bici?”, gli ha chiesto un tifoso
È una settimana che i ministri ‟coesi” del governo ‟coeso” frutto della maggioranza ‟coesa”, per usare la parola più abusata di questa primavera, se ne vanno ognuno per conto proprio.
‟Sentimentalmente vale moltissimo, materialmente niente. Se fossi un investitore, non comprerei mai titoli di una società di calcio.” Questo disse Giovanni Agnelli nel giugno 1997 al sottoscritto che lo intervistava
Chi si è perso l’immagine televisiva del tifoso con la maglia numero 10 di Del Piero che sul Colle di San Carlo tentava di inseguire Ivan Basso, concentrato a pedalare in salita sotto la pioggia, senza riuscire a raggiungerlo, dovrebbe ripescarla da qualc