Candela vive in una famiglia di nove femmine. Le loro vite sono un'interminabile sfilata di illusioni e sogni negati. Lei fa di tutto per dare un diverso indirizzo alla sua vita. Cerca un lavoro e riesce a farsi assumere in un'impresa di pompe funebri. Un giorno, preparando le spoglie del patriarca di una famiglia gitana, Candela scopre mezzo chilo di diamanti e riesce a tenerli per sé. Oltre alla possibile ricchezza, la morte del vecchio le regala l'occasione di conoscere un raro personaggio: è l'ultimo uomo selvaggio, l'uomo vero, la pura essenza della mascolinità, quel tipo di esemplare che la nuova cultura urbana, postmoderna e femminilizzata, sembra aver negato al desiderio di tante donne avide di emozioni forti. Quest'incontro, che le offre brivido ma anche disinganno, si intreccia alle vicende complicate dei suoi familiari e dà il via a un racconto pieno di suspence, divertente, sarcastico e grottesco. "E allora non crederci, che me ne frega. In ogni caso, il fatto che sia gitano non significa che mi faccia perdere il... sesso," dico, senza rendermi conto del lapsus fra senno e sesso. "Che ti fa perdere cosa...?" Gádor mi scruta in volto, meditabonda; parla a voce bassissima, e si muove come se si trascinasse dietro un peso ingombrante; forse il peso leggendario della maternità aggravato dalla depressione postpartum. "Stanno suonando." Vado in corridoio in punta di piedi, e lascio socchiusa la porta della nostra camera da letto; faccio capolino dentro ancora un attimo e le dico: "Davvero, Gádor, è un uomo incredibile, è come... selvaggio; da quando l'ho conosciuto ho smesso di credermi una fantastica 'rubacuori' e ho capito di essere solo una povera poliziotta. Non credevo ci fossero ancora degli uomini così sulla faccia della Terra. E gitani per di più... cosa vuoi che ti dica! Non me lo sarei mai immaginato, mai e poi mai."