Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
di Euripide
“Non sei il primo né l’ultimo dei mortali che ha perso una moglie bella: sappi che tutti ci s’indebita con la morte”
Alcesti di Euripide va in scena per la prima volta nel 438 a.C., quarto atto di una tetralogia tragica che comprendeva Le Cretesi, Alcmeone a Psofide e Telefo. è stata definita nel tempo tragicommedia ma anche melodramma, pastiche sincretico di stili e generi, opera pro-satirica – cioè collocata al posto del dramma satiresco senza essere dramma satiresco – oppure tragedia con connotati satirici nella quale l’atmosfera luttuosa viene decostruita, oltre che dal lieto fine, anche dalla presenza di Eracle mangione e beone, archetipo tipico della commedia, che rompe l’incantesimo rituale del compianto e contamina le lacrime inconsolabili di parenti e servitù per la morte della protagonista con la riaffermazione irriverente del carpe diem.
In effetti, il dramma segue il corso contrario rispetto all’andamento codificato della tragedia: dalla morte iniziale si giunge alla vita, persino alla resurrezione finale, come non dovrebbe essere nella peripezia tragica consueta.
Euripide, nato intorno al 485, a differenza di Eschilo e di Sofocle non ricoprì alcuna carica pubblica. La sua figura è quella di un intellettuale, di uno scrittore professionista. Le …