Un canzoniere politico. Sì. Come una volta. Serra "spara" versi sulla faccia cretina e arrogante dell'Italia. E riesce a far male. Serra non è nuovo ai versi, alle rime. E' tutta una vita che ci gioca, è come se in quel tono di canzone canzonatoria, in quel contrarsi di ritmi che talora sentono il fantasma del buon Bertolt Brecht o di certi rimatori anarchici di fine Ottocento, Serra sentisse i giusti toni per farsi beffa dei grandi "eventi", per registrare spine fra le pieghe del reale, per "cantare" ai suoi lettori le misere sorti del mondo, attraverso l'evidenza della cronaca. Obbedendo al criterio per cui tacere è più vergognoso di una parolaccia, Serra se la prende con un Paese ritagliato su misura per Berlusconi, con il millenarismo e la paranoia apocalittica di fine secolo, con i paradisi artificiali della new economy, con il professor Di Bella, con la confusione degli elettori italiani, con il Nord leghista.