“Che i denti si cambiassero mi era sembrato un segno felice: se una cosa non va si sostituisce”
Questo romanzo parla di denti. Di denti, sì: chiave nevrotica per interpretare se stessi e gli altri, la follia dei sentimenti e l’ingiustizia del dolore. Complici ironia e paradosso, la realtà passa attraverso un irresistibile filtro ortodontico, tramite il quale la scopriamo precaria e dolce come i denti da latte dell’infanzia, cruda e invasiva come i denti irremovibili della maturità, patetica e imbarazzante come i denti rotti dal lancio di un portacenere durante un litigio amoroso, forte come la chiostra di denti del rivale, umiliante e umiliata, come i denti esaminati, scalpellati e cavati da quella obliqua e infelice manifestazione degli “altri da noi” che sono i dentisti. Nessuno la racconta com’è, come dev’essere. Tanto meno i dentisti che – diceva Flaubert – sono tutti bugiardi. Ma – replica Starnone – non possiamo farne a meno; e forse sull’avventurosa strada delle nostre quotidiane esistenze ne troveremo infine uno più gentile, più a modo, più consapevole.