Il Che, questa figura singolare che diventa stimolo universale di lotta rivoluzionaria persino nelle metropoli imperialistiche e colonialiste, sorge da un continente oppresso in passato dalle potenze coloniali e oggi sfruttato e costretto dall'imperialismo yankee alla miseria e al sottosviluppo più iniquo.
Il Che considerava la sua morte come naturale e probabile nel corso del processo rivoluzionario, e non mancò mai di sottolineare, specialmente nei suoi ultimi scritti, che questa eventualità non avrebbe impedito la marcia inevitabile della rivoluzione nell'America Latina.
Nel diario del Che possiamo constatare quanto reali fossero le sue possibilità di successo e quanto straordinario il potere catalizzatore della guerriglia, da lui puntualizzati nei suoi appunti. Una volta, davanti ai sintomi evidenti di debolezza e rapido deterioramento del regime boliviano, annotò:
"Il governo si disintegra rapidamente; peccato non avere altri cento uomini in questo momento".
Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza la lotta, si potrà avere la libertà. Il Che non è sopravvisuto alle sue idee, ma ha saputo fecondarle col suo proprio sangue. (Dalla Prefazione)