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Nel 1852 Flaubert scriveva queste parole a proposito del suo Dizionario dei luoghi comuni: “Bisognerebbe che in tutto il libro non ci fosse una parola mia, e che, una volta letto il dizionario, non si osasse più parlare, per paura di dire spontaneamente una delle frasi che vi si trovano”.
Anche noi, oggi, ci ostiniamo a usare parole vuote e politicamente corrette, per comodità, per pigrizia o per interesse. Viviamo nell’epoca dello storytelling e delle fake news e, magari senza accorgercene, siamo diventati attori, grandi maestri di ipocrisia. Oggi la famiglia ideale non prevede più una mamma e un papà, concetti ormai obsoleti, tradizionalisti e dunque intimamente “fascisti”, ma corrisponde a quella formata da Genitore 1 e Genitore 2. I lavoratori licenziati si chiamano “esuberi”. Martina Navratilova, nove volte vincitrice a Wimbledon e lesbica dichiarata da decenni, è stata espulsa dall’associazione delle tenniste lgbt per aver detto che la competizione tra tenniste donne e tenniste transgender non era equa. Per vedere come si fa ad abitare la nostra gigantesca finzione collettiva basta aprire questo dizionario e andare, per esempio, alla voce “trump: L’ennesimo ‘nuovo Hitler’. Definirlo un “fascista”. Il sogno di tutti coloro che hanno l’indignazione in tasca. Come lui solo Salvini e, staccati di qualche lunghezza, Putin e Boris Johnson”.
Giuseppe Culicchia gioca con le parole dello spirito del tempo: ci sono gli Immigrati, i Marocchini e i Meridionali, e poi i Razzisti, i Russi, i Sovranisti, Ariana Grande e la Merkel. Un’opera di satira chirurgica e impietosa, che fa ridere e fa riflettere sulle finzioni comode e talvolta mostruose a cui siamo tutti assuefatti.
“Benvenuti tra le parole di cartapesta del nostro piccolo-grande Truman Show, in cui il Grande Fratello si è incarnato nello smartphone che ci portiamo in tasca.”
Un dizionario allegro e feroce delle finzioni grottesche e politicamente corrette della nostra epoca.
Giuseppe Culicchia (Torino, 1965), scrittore e traduttore, è autore di vari libri, tra i quali ricordiamo: con Garzanti, Tutti giù per terra (1994, premi Montblanc 1993 e Grinzane Cavour per …